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Aminoacidi ramificati. A cosa servono, e quando assumerli.

Gli aminoacidi ramificati (BCAA nell’acronimo inglese), ovvero leucina, valina e isoleucina, sono tra gli integratori più utilizzati nello sport, ormai da decenni.

Il loro uso va dagli sport di endurance, in cui avrebbero una funzione di prevenzione del catabolismo muscolare ed anche una funzione energetica, agli sport di potenza e forza muscolare, per via della loro indubbia funzione di miglioramento del recupero a livello soprattutto muscolare. Nelle attività di ultra endurance, sono utilizzati anche per il loro effetto di riduzione della fatica centrale, ossia del fenomeno a carico del nostro sistema nervoso, responsabile del segnale di stanchezza generale che spesso determina il segnale di stop definitivo alla prestazione atletica.

Ma si sa, non esiste un re che possa regnare a lungo senza che qualcuno provi a detronizzarlo, e ultimamente alcune voci si sono levate per mettere in dubbio l’utilità dei BCAA e forse anche la loro sicurezza.

Gli aminoacidi ramificati sono inutili, dunque ?

Il loro utilizzo è addirittura pericoloso ?

Decenni di ricerca scientifica sono stati davvero mal indirizzati ?

Nella ricerca scientifica il dubbio è il primo motore e noi cercheremo di fare chiarezza.

Gli aminoacidi ramificati fanno parte dei cosiddetti aminoacidi essenziali, chiamati in questo modo perché il corpo non può produrli a partire da altri substrati biochimici, ma deve riceverli attraverso l’alimentazione. Da soli, costituiscono circa un terzo delle proteine muscolari e questo gli conferisce già un primo ruolo importante nei meccanismi di turnover proteico, in quei processi cioè in cui le proteine corporee vengono continuamente disassemblate e ricostruite per rimuovere strutture eventualmente danneggiate. Se l’apporto di aminoacidi essenziali non è costante e quantitativamente soddisfacente, la proteina non può semplicemente essere assemblata e sostituita, o può farlo solo a spese di altre strutture proteiche del corpo. Ma questo fenomeno si chiama catabolismo e spesso non è l’ottimale per lo sportivo che vuole recuperare.

Attività fisica intensa e/o sostenuta o protocolli di digiuno intermittente (sempre più adottati anche da atleti di alto livello) possono esaltare questo fenomeno catabolico, rendendo l’integrazione di BCAA ancora più importante.

Inoltre sappiamo che gli aminoacidi ramificati stimolano l’attività del recettore dell’insulina solo nelle cellule muscolari e non a livello di cellule adipose o epatiche.

Questo determina un traffico deviato di nutrienti verso la cellula muscolare, per attivazione differenziale dell’azione dell’insulina, che veicolerebbe aminoacidi stessi, ma anche zuccheri, nella cellula muscolare, con un aumento del recupero muscolare dovuto contemporaneamente ad un’azione anabolica e di ripristino dei livelli di glicogeno (carburante muscolare). Mettiamo poi che quest’ultimo processo avviene con una velocità e un’efficienza quasi doppia nelle due ore che seguono la fine di una sessione di allenamento, quindi l’integrazione di BCAA in questa finestra temporale potrebbe essere un’opportunità di recupero unica e insostituibile.

È il concetto di TIMING dei nutrienti.

Non conta solo COSA assumiamo con la nostra alimentazione, o QUANTO ne assumiamo, ma anche QUANDO lo assumiamo. Il giusto TIMING rende l’assunzione di nutrienti (dal cibo o dagli integratori) più efficace e anche più sicura.

Ma questo sarà argomento di una prossima discussione.

Dott. Andrea D’Alonzo – Biologo Nutrizionista.

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