Aminoacidi ramificati. A cosa servono, e quando assumerli.

Gli aminoacidi ramificati (BCAA nell’acronimo inglese), ovvero leucina, valina e isoleucina, sono tra gli integratori più utilizzati nello sport, ormai da decenni.

Il loro uso va dagli sport di endurance, in cui avrebbero una funzione di prevenzione del catabolismo muscolare ed anche una funzione energetica, agli sport di potenza e forza muscolare, per via della loro indubbia funzione di miglioramento del recupero a livello soprattutto muscolare. Nelle attività di ultra endurance, sono utilizzati anche per il loro effetto di riduzione della fatica centrale, ossia del fenomeno a carico del nostro sistema nervoso, responsabile del segnale di stanchezza generale che spesso determina il segnale di stop definitivo alla prestazione atletica.

Ma si sa, non esiste un re che possa regnare a lungo senza che qualcuno provi a detronizzarlo, e ultimamente alcune voci si sono levate per mettere in dubbio l’utilità dei BCAA e forse anche la loro sicurezza.

Gli aminoacidi ramificati sono inutili, dunque ?

Il loro utilizzo è addirittura pericoloso ?

Decenni di ricerca scientifica sono stati davvero mal indirizzati ?

Nella ricerca scientifica il dubbio è il primo motore e noi cercheremo di fare chiarezza.

Gli aminoacidi ramificati fanno parte dei cosiddetti aminoacidi essenziali, chiamati in questo modo perché il corpo non può produrli a partire da altri substrati biochimici, ma deve riceverli attraverso l’alimentazione. Da soli, costituiscono circa un terzo delle proteine muscolari e questo gli conferisce già un primo ruolo importante nei meccanismi di turnover proteico, in quei processi cioè in cui le proteine corporee vengono continuamente disassemblate e ricostruite per rimuovere strutture eventualmente danneggiate. Se l’apporto di aminoacidi essenziali non è costante e quantitativamente soddisfacente, la proteina non può semplicemente essere assemblata e sostituita, o può farlo solo a spese di altre strutture proteiche del corpo. Ma questo fenomeno si chiama catabolismo e spesso non è l’ottimale per lo sportivo che vuole recuperare.

Attività fisica intensa e/o sostenuta o protocolli di digiuno intermittente (sempre più adottati anche da atleti di alto livello) possono esaltare questo fenomeno catabolico, rendendo l’integrazione di BCAA ancora più importante.

Inoltre sappiamo che gli aminoacidi ramificati stimolano l’attività del recettore dell’insulina solo nelle cellule muscolari e non a livello di cellule adipose o epatiche.

Questo determina un traffico deviato di nutrienti verso la cellula muscolare, per attivazione differenziale dell’azione dell’insulina, che veicolerebbe aminoacidi stessi, ma anche zuccheri, nella cellula muscolare, con un aumento del recupero muscolare dovuto contemporaneamente ad un’azione anabolica e di ripristino dei livelli di glicogeno (carburante muscolare). Mettiamo poi che quest’ultimo processo avviene con una velocità e un’efficienza quasi doppia nelle due ore che seguono la fine di una sessione di allenamento, quindi l’integrazione di BCAA in questa finestra temporale potrebbe essere un’opportunità di recupero unica e insostituibile.

È il concetto di TIMING dei nutrienti.

Non conta solo COSA assumiamo con la nostra alimentazione, o QUANTO ne assumiamo, ma anche QUANDO lo assumiamo. Il giusto TIMING rende l’assunzione di nutrienti (dal cibo o dagli integratori) più efficace e anche più sicura.

Ma questo sarà argomento di una prossima discussione.

Dott. Andrea D’Alonzo – Biologo Nutrizionista.

Allenarsi dopo una contrattura

Le contratture, spesso scambiate con strappi e stiramenti (molto più dolorosi e probloematici) sono molto comuni soprattutto negli sportivi “della domenica” ma non solo.
Amatori ma talvolta anche agonisti troppo precipitosi possono incappare in questo problema.

Cos’è una contrattura?
Non è altro che uno spasmo prodotto da muscolo a causa di un attività che lo mette in allarme, ad esempio un allungamento eccessivo o un movimento brusco in accelerazione, e che blocca il muscolo in una posizione accorciata di protezione.
Questo irrigidimento e accorciamento di protezione improvviso rimarrà per diverso tempo bloccando inoltre il circolo del sangue in quel punto e  comporterà quel tipico fastidio che avvertiamo.

Come posso allenarmi in seguito ad una contrattura?
Generalmente il tempo di latenza per risolvere una contrattura varia dai 3 ai 7 giorni, nel frattempo per migliorare la velocità di guarigione, più che allenarci, possiamo utilizzare delle piccole strategie:

-Calore:
Applicare del calore sul muscolo contratto, il calore infatti aiuterà il tessuto a distendersi e a tornare alla sua tensione normale.

-Massaggio:
 il massaggio localizzato favorisce l’afflusso di sangue sulla zona attualmente ischemizzata, ammorbidendo anche il tessuto fasciale che lo circonda, inoltre fornisce uno stimolo di rilascio anche sui recettori del muscolo stesso.

-Allenamento Aerobico:
effettuare una corsetta o un leggero allenamento senza sovraccarico sulla zona contratta può aiutare poiché non solo aumenta la circolazione periferica ossigenando la zona e rimuovendo cataboliti, ma il corpo scaldandosi beneficierà degli effetti descritti in precedenza del calore

-Stretching leggero:
con le dovute accortezze, lavorando sulla zona in maniera progressiva possiamo favorire il ritorno delle fibre muscolari alla lunghezza normale(consigliato come ultimo step!)

E DOPO?
La parola d’ordine è e sarà sempre GRADUALITA’
Dedicate qualche minuto ad inizio allenamento al preparare i tessuti al lavoro.
Massaggiatevi, fate mobilità articolare e stretching dinamico ed arrivate gradualmente alla giusta intensità di allenamento!

 

Dott. Matteo Di Cuffa – Posturologo

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Un attrezzo magico: sotto i tuoi occhi da sempre e non te ne sei accorto.

No, non siamo di quelli che ti tengono ore sulle spine in pieno stile “marketing spicciolo”.

Te lo diciamo subito di cosa stiamo parlando: del BOSU, e il 90% dei trainer italiani non sa di preciso come si usa.

Se credi che il Bosu sia quella mezza sfera blu inventata da David Weck intorno al 2000, hai ragione a metà.

Forse non sai che ce n’è una nuova versione molto più interessante, frutto di più di 10 anni di studi che si chiama Bosu Elite e fa parte insieme ad altre attrezzature del moderno “Weck Method”.

Le sue caratteristiche lo rendono uno strumento indispensabile e rivoluzionario per chi, come noi, lavora nel campo del movimento umano.

Sfruttando il “Limit Force Elastic Training” tramite il concetto di fattore esponenziale di accelerazione (tipico di alcuni materiali elastici) accende il sistema nervoso ed il suo effetto è pressoché istantaneo.

Questo si traduce in un miglioramento del movimento e della biomeccanica che resta impresso nel sistema nervoso in maniera duratura.

Tra i suoi mille esercizi oggi parliamo del “Compression Squat”.

Posizionandoci sul Bosu Elite con i piedi a 45 gradi (formando quindi un angolo di 90 gradi), i talloni che si sfiorano ed effettuando una spinta dell’avampiede nella zona detta dei “Green Dots” si avranno questi benefici:

–         Ripristino dell’appoggio corretto con relativo miglioramento della biomeccanica della locomozione

–         Ripristino del collegamento mio fasciale e relativa trasmissione delle energie dal core agli arti inferiori e viceversa

–         Attivazione profonda istantanea catena posteriore e adduttori

 

Per questi e mille altri motivi questo tipo di esercizi sul Bosu Elite vengono anche chiamati “Primer”, per la loro capacità di attivarci ed ottimizzarci velocemente rendendoci così pronti per affrontare un allenamento intenso tramite una maggiore attivazione profonda muscolare e mio fasciale.

Questo è solo uno dei tanti esercizi che il Bosu Elite ci permette, unico nel suo genere, di effettuare, ed è talmente efficace che sta entrando prepotentemente nei protocolli di riabilitazione di trainer, coach e fisioterapisti.

 

Se hai voglia di saperne di più non esitare a contattarci o passa a trovarci, siamo felici di condividere conoscenze e studi con tutti. sia colleghi personal trainer che amatori.

Michele Falanga 

Personal & small group trainer

Responsabile Weckmethod™ Italia

Non ci sono dubbi a riguardo!

Non ci sono dubbi a riguardo: usate le metodiche e i protocolli dell’allenamento funzionale e avrete successo con i vostri clienti.

Vediamo perché.

 

Partiamo dal fatto che il mondo del bodybuilding e dell’allenamento classico in sala pesi affascina solo una piccola percentuale delle persone che si allenano.
Ciò che accomuna queste persone è “come” vivono il lavoro in sala pesi:

1-  È noioso (sembra banale, invece è determinante. Una persona che si annoia non avrà mai risultati).

2- Sentono di non avere accesso alle piene potenzialità del proprio corpo.

E hanno ragione su questo!
L’allenamento classico in sala pesi ha come obiettivo principale l’isolamento muscolare, e quindi la ricerca estrema dell’esercizio solo per il deltoide, solo per i bicipiti e così via…. Il corpo viene visto come tanti piccoli segmenti che lavorano indipendentemente dagli altri.

L’allenamento funzionale ha come scopo quello di sviluppare capacità sfruttando lunghe catene muscolari. Come si traduce? Guadagno di forza, di mobilità, di equilibrio e coordinazione.
Non lo dico io; lo dice la letteratura scientifica e lo dicono i fatti. Su questo non ci piove.

Chiariamo anche un’altra cosa che molto spesso crea fraintendimenti:
ALLENAMENTO FUNZIONALE non vuol dire kettlebell, non vuol dire corpo libero, non vuol dire trx.
Ovviamente ci sono attrezzi che si prestano più di altri per compiere gli esercizi tipici del funzionale, ma non è l’attrezzo a fare l’allenamento, sono i concetti e le metodiche usate!

Cosa vuol dire allora allenamento funzionale? Semplicemente effettuare esercizi secondo la funzione di queste grandi catene muscolari, le quali collaborano al fine di eseguire gesti complessi, ma che rispettano la natura del nostro sistema corpo.

Perché affidarsi ad un personal trainer?

La domanda sembra scontata, ma non lo è.

Sebbene molti articoli siano già stati scritti su questo argomento, quasi nessuno ha trattato il motivo che riteniamo più importante nella scelta di affidarsi ad un Personal Trainer professionista.

Ma partiamo dal principio, e lasciamo un po’ di suspence come nei migliori thriller.

Il classico trainer che lavora nella sala pesi della palestra low (o medium) cost, spesso sottopagato e fresco di laurea in Scienze Motorie o, peggio, appena uscito dal corso “diventa personal trainer in un weekend” non avrà le basi tecniche, psicologiche e l’esperienza necessaria a capire le vostre esigenze e la vostra realtà fisiologica.

L’analisi degli obiettivi, del vostro background, della postura e della qualità del movimento è una parte fondamentale del percorso che intraprenderete, ma in quel contesto il trainer non avrà tempo, voglia e capacità di eseguirla, creando un programma che, se funzionerà sarà solo per puro caso.

È un po’ come tirare una freccetta ad occhi chiusi, puoi fare centro, ma quante probabilità ci sono? Di sicuro più di quelle che ha un trainer del genere di stilare un programma adatto alle vostre esigenze.

Vantaggi del personal trainer per l’allenamento

I vantaggi di rivolgervi ad un professionista sono quindi innumerevoli:

1.       Ha esperienza da vendere

2.       Ha alle spalle anni di formazione di alto livello

3.       Saprà valutarvi e programmare un allenamento adatto a voi

4.       Vi farà ottenere i risultati che chiedete in un tempo decisamente più rapido

Questi motivi bastano e avanzano, penserete voi. Ma, come dicevo all’inizio, la caratteristica più importante non è stata ancora rivelata: ciò che caratterizza un vero personal trainer professionista è (udite udite) ciò che chiamiamo

EMPATIA

e cioè la capacità di percepire lo stato d’animo e le sensazioni degli altri e rendere la vostra esperienza di allenamento completa ed ottimizzata a 360 gradi.

Affidatevi sempre ad un professionista e risparmierete tempo e soldi, perché a fronte di una spesa maggiore, i tempi, come dicevamo prima, saranno molto ridotti e i risultati più qualitativi.

Buon allenamento!

 

Michele Falanga

Allenamento dopo i 40 anni

Ho 40 anni, quale allenamento fa al caso mio senza rischiare di farmi male?

Viene fatta spesso questa domanda, per la paura che l’età che avanza rappresenti un pericolo per la vita quotidiana. Anzi, molto spesso la risposta delle persone sedentarie, che non si allena dopo una certa età, è proprio questa: non mi alleno altrimenti mi faccio male.

In realtà è la mancanza stessa di movimento, o dell’attività motoria generale, a creare infortuni e altre problematiche.

L’allenamento è un rimedio, non una controindicazione.

Tienilo bene a mente.
Quindi come allenarsi dopo i famosi 40 anni? Non ci sono ricette magiche, come per nessun’altra cosa in questo campo, ma ci sono dei consigli, che la maggior parte di noi dovrebbe seguire.
Vediamone alcuni:

  1. Cercate di seguire (o cominciare) allenamenti che migliorino e incrementino la vostra forza e il controllo dei movimenti. L’età ci rende meno forti e meno precisi, questo ce lo dicono i dati scientifici.
  2. Allungate i muscoli prima di allenarvi! Sì è vero, questo ce lo dicono tutti, ma perché?
    Una buona lunghezza dei tessuti riduce gli infortuni che possono verificarsi sia durante gli allenamenti che nella vita di tutti i giorni e permette di esprimere in maniera più efficiente la nostra forza.
  3. L’allenamento non rappresenta un rimedio solo per fattori muscolo-scheletrici, ma anche ormonali, soprattutto per gli uomini, che vedono calare i valori di alcuni ormoni.
    L’attività motoria permette un aumento di testosterone e Gh (ormone della crescita), e soprattutto un miglior controllo della glicemia, evitando così problematiche di insulino-resistenza e diabete.
  4. Infine, sembra banale, l’allenamento mantiene vigile e lucido il nostro sistema nervoso.
    Il cervello soffre pesantemente quando manca il movimento, mentre quando questo è presente, trasmette più velocemente e in modo più efficiente gli impulsi nervosi.

L’allenamento non ha età, inizia subito!

Il consiglio principale che ti do è: comincia subito! Perché l’allenamento non ha età.
“Age is a State of Mind”

Dott. Davide China –  Personal trainer specialista in riabilitazione e rieducazione motoria.

Cosa mangiare prima dell’allenamento

L’essenza dell’alimentazione per l’attività fisica potrebbe essere riassunta in tre lettere: una “C” e due “Q”.
Tutto sta infatti nel considerare:

  1. Cosa mangiamo
  2. Quanto ne mangiamo
  3. Quando dovremmo assumere i nutrienti in relazione al nostro allenamento o alla nostra gara.

La corretta nutrizione dello sportivo considera tre momenti fondamentali: Prima dell’attività e Durante, per fornire il giusto livello di energia, e Dopo l’attività, per innescare i processi di recupero muscolare, ormonale ed energetico.

Oggi ci concentriamo sul pasto che precede la performance.

Cosa mangiare prima di allenarsi

Sarà l’ultimo pasto prima della sessione, infatti, a determinare la performance, la forza, la potenza e la resistenza che si riuscirà ad esprimere.

Il momento migliore per consumare l’ultimo pasto è fra 2 e 4 ore prima di allenarsi, e dipende anche dalla velocità dei  processi digestivi. Alcune persone si trovano meglio mangiando molto prima dell’attività fisica, altri preferiscono pasti più vicini all’ora dell’allenamento.

Quando si mangia influenza anche quanto si mangia, ossia più si avvicina l’ora dell’allenamento, meno si deve mangiare per facilitare lo svuotamento gastrico.

I processi digestivi devono essere terminati altrimenti i nutrienti non saranno nel sangue e nelle cellule muscolari ed epatiche e inoltre la circolazione sanguigna sarà deviata verso il sistema digerente piuttosto che nel sistema muscolare.

Il pasto prima dell’allenamento dovrà essere ricco di carboidrati, moderato in proteine e povero in grassi.

I carboidrati assunti vanno da 1 a 4 g/kg di peso corporeo, da assumersi, come già detto, da 2 a 4 ore prima dell’esercizio.

Ecco alcuni esempi di pasti precedenti l’attività fisica:

  • panino preferibilmente integrale con pollo, tacchino, formaggio magro, pesce, crema di ceci, burro di arachidi e verdure crude
  • patata al forno (o patata dolce americana) con pollo o tacchino, salmone, uova e verdure
  • pasta o riso integrale con macinato di carne, pesce e/o frutti di mare (più una verdura), in alternativa
  • riso o pasta integrale, più un secondo di carne bianca, pesce bianco o azzurro, uova o, se ben tollerato, un latticino o formaggio fresco magro o tofu
  • fiocchi di avena cotta con latte parzialmente scremato
  • cereali integrali con latte parzialmente scremato o bevanda vegetale e frutta secca a guscio.

Più si avvicina l’ora dell’allenamento (o della gara), più piccolo e più semplice sarà il pasto, che a questo punto diventerà uno spuntino, da consumare 1-2 ore prima di allenarsi.

Molti sportivi inseriscono uno spuntino in prossimità della loro attività, anche se hanno consumato il pasto completo 4 ore prima, come ulteriore scorta energetica.

Spuntini pre-allenamento

Ecco alcuni esempi di spuntino pre-allenamento:

  • frutta fresca
  • frutta essiccata senza conservanti (anidride solforosa): datteri, uva, albicocche sono i più indicati
  • yogurt
  • frullato di banana e latte scremato o bevanda vegetale
  • barretta energetica ad alto tenore di carboidrati e basso tenore proteico
  • barretta ai cereali
  • pane tostato con marmellata o composta di frutta o miele
  • cereali con latte scremato o latte vegetale (una porzione più piccola)
  • avena cotta nel latte parzialmente scremato o nel latte vegetale (una porzione più piccola)
  • maltodestrine o ciclodestrine.

Seguendo queste semplici indicazioni, la qualità dell’allenamento sportivo migliorerà sensibilmente.

 

Dott. Andrea D’Alonzo – Biologo Nutrizionista, specializzato in nutrizione sportiva.

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Esercizi da fare al lavoro

Durante le giornate lavorative capita a tutti nella propria vita di aver avvertito l’esigenza di staccarsi da tutto, abbandonare immediatamente la propria posizione e concedersi un attimo di tregua per dare sollievo al proprio corpo “ingabbiato” in una postura spesso scomoda o comunque scorretta.

Fare ginnastica e stretching sul posto di lavoro sarebbe un’attività talmente utile nella prevenzione e la risoluzione di molti dolori comuni, che andrebbe inserita come prassi nel contratto di lavoro, ma purtroppo non è così, e molto spesso ci abbandoniamo alla pigrizia “spaparanzandoci” sulle nostre sedie davanti al pc, o rimanendo chinati per molto tempo, intenti nel completare il frenetico lavoro, ci dimentichiamo di curare il nostro corpo.

Che esercizi fare in ufficio?

Domanda tanto interessante quanto variabile che non può non partire da un’analisi del tipo di attività lavorativa che si esegue, analizziamo caso per caso:

Lavoro sedentario

La postura in continua flessione comporta sicuramente molti danni, soprattutto alle strutture passive della colonna (dischi intervertebrali, tessuto connettivo e legamenti) fra cui:

  • Rischio Maggiore di Erniazione
  • Accorciamento della muscolatura Ischiocrurale
  • Accorciamento dei flessori dell’anca
  • Atteggiamento di retroversione del bacino (accorciamento della catena posteriore in toto)
  • Intrarotazione delle spalle
  • Anteposizione del capo e accorciamento muscolatura cervicale posteriore

Cosa fare?

L’obbiettivo sarà dunque il ripristino della fisiologica curva lombare e della lunghezza della catena posteriore attraverso mobilizzazioni ed allungamento.

Esercizi consigliati

  • Cat Stretch
  • Hip Flexor stretch
  • Mobilizzazioni del bacino in piedi
  • Mobilizzazioni cervicali
  • Mobilizzazioni tronco
  • Punte sui Glutei
  • Good Morning
  • Stretching Ischiocrurali
  • Retropulsione del mento al muro
  • Extrarotazioni delle braccia
  • Candeliere al muro
  • Bird dog
  • T spine rotation

Lavoro in piedi o pesante

La lordosi è il nostro strumento di lotta contro la gravità, nei lavoratori pesanti potremmo spesso trovare un accentuazione di tali curve.
I lavori fisici espongono maggiormente a rischi per la struttura ossea della colonna a causa delle forze compressive e di taglio alle quali siamo sottoposti:

  • Osteoartrite
  • Stenosi del canale vertebrale posteriore
  • Intrappolamento nervi
  • Infiammazioni muscolari lombari
  • Molti dei danni sono spesso dovuti alle rotazioni con sovraccarichi eseguite in modo sbagliato.

Esercizi consigliati

  • Allungamento Quadrato dei lombi
  • Allungamento flessori dell’anca
  • Allungamento piriforme
  • Retroversione e allungamento
  • Cat stretch
  • Extrarotazione spalle
  • Controllo e attivazione core: Bird dog\Plank\Bear Walk\
  • Push e Pulling di carichi con corretto assettoi
  • Rotazioni rispettando la fisiologia articolare (chop)
  • Esecuzione corretta di Squat\Stacco per il sollevamento carichi
  • Esercizi di Allungamento globale decompensato

Come e quando fare esercizio in ufficio

Evitare massima flessione ed estensione

Importante sapere che tutti quegli esercizi che esasperano un movimento portandolo al proprio massimo, sia esso in Flessione che Estensione sono la cosa più nociva per la colonna, ed è proprio quando si entra in quei range di movimento che ci si infortuna.

Alzarsi e incominciare gradualmente

A causa di quella che viene chiamata “memoria spinale” , ovvero la tendenza del tessuto connettivo che riveste la colonna a rimanere in una determinata configurazione a lungo mantenuta, che può durare anche 30 minuti, è fortemente sconsigliato passare immediatamente da una postura flessa ad una estesa (motivo per cui gli atleti che riposano in panchina e poi rientrano subito in campo rischiano molto!) ma moderare il passaggio e intervallare spesso le due posizioni.

Attenzione al mattino

Non mi stancherò mai di ripeterlo, a differenza di quanto viene proposto da molti tecnici poco provveduti, è bene sapere che al mattino i dischi all’interno della nostra colonna, essendo più idratata, esercitano una pressione idraulica maggiore del 300%,  che aumenta lo stress legamentoso dell’80%!
Meccanismo che, se sottovalutato, espone a un ischio di erniazione maggiore appunto di ben 3 volte.

Ricapitolando

  • Eseguite piccoli circuiti di esercizi ad intervalli di tempo prestabiliti tra loro
  • Eseguite posture e movimenti che combattono le vostre posture viziate
  • Prestate la massima attenzione e gradualità nel cominciare la ginnastica
  • Evitate di eseguire esercizi estremi la mattina
  • Evitate di eseguire esercizi in iperflessione o iperestensione
  • Imparate a gestire i carichi ed il vostro corpo attraverso un allenamento costante della muscolatura addominale profonda
  • Per quando la pressione intraddominale (IAP) sia annoverata come fattore di prevenzione, dovreste riuscire ad allenare la vostra schiena a prescindere dall’atto di respirazione.

 

Matteo di Cuffa – Posturologo

Alimentazione e influenza

La stagione dell’influenza sta per arrivare al suo apice. Nelle prossime settimane buona parte degli italiani – si parla di più di 4 milioni – saranno alle prese con i sintomi, più o meno fastidiosi. Poi l’influenza piano piano diminuirà il suo impatto, all’avvicinarsi della primavera.

Per chi si allena intensamente, il rischio di influenza è anche maggiore. È infatti dimostrato che gli atleti e gli sportivi in genere contraggono infezioni con frequenza spesso superiore rispetto agli individui sedentari o che si allenano blandamente.

Dopo una sessione prolungata o particolarmente intensa infatti può verificarsi una momentanea depressione dell’attività del sistema immunitario, che lascerebbe aperta una finestra di opportunità per molti agenti infettivi (fra cui il virus dell’influenza) e aumenterebbe di conseguenza il rischio di contrarre un’infezione.

Questi effetti sono mediati dall’azione del cortisolo e di alcune citochine ad azione infiammatoria.

La carenza di riposo e sonno e una nutrizione inadeguata possono aggravare il quadro.

D’altra parte si sa con certezza che la nutrizione corretta può fare la differenza in positivo prima, durante e dopo l’influenza, migliorando l’impatto, il decorso e i postumi delle sindromi infettive.

La chiave è evitare le carenze nutrizionali. Infatti un’adeguata nutrizione, soprattutto un apporto di proteine, minerali, vitamine e, in genere, energia, permette al sistema immunitario di esprimere il suo massimo potenziale. Ricordiamo che lo stato nutrizionale non migliora – così come non peggiora – in pochi giorni, ma è opportuno avere una base sana e costante di buona alimentazione, dal momento che sono le carenze croniche ad indebolire le funzioni corporee in genere.

I nutrienti probabilmente più importanti da fornire al nostro corpo sono le proteine, la cui carenza si riflette direttamente sul sistema immunitario, in maniera ancora più forte se anche l’apporto energetico in genere risulta insufficiente, come si verifica spesso nelle dieta a basso apporto di carboidrati (scarico di carboidrati, molte dieta di definizione, diete chetogeniche). La restrizione alimentare unita all’allenamento intenso può ridurre l’attività immunitaria in tempi molto più brevi di quanto in genere si immagini.

Anche i micronutrienti – vitamine e minerali – giocano un ruolo chiave. Citiamo qui il ferro, lo zinco , la vitamina C, le vitamine B6 e B12.

In generale però la carenza di anche un solo micronutriente può indebolire il nostro sistema energetico. Un’alimentazione varia, con cibi freschi, biologici, del territorio, può fornire in teoria tutti i nutrienti, ma se si è in restrizione calorica per qualunque motivo, nel periodo immediatamente precedente il picco influenzale si può pensare a un buon integratore multivitaminico e multiminerale, anche ricordando il fatto che a volte le infezioni, oltre ad essere l’effetto di una malnutrizione, ne sono anche causa, dal momento che possono sopprimere l’appetito fisiologico, diminuire l’assorbimento dei nutrienti e facilitarne la perdita.

Infine ricordiamo alcuni sostanze che possono essere impiegate in questo periodo, per aiutare il nostro sistema immunitario.

  1. Carboidrati: la loro integrazione nella dieta porta a minori livelli di cortisolo in circolo, specialmente se si mantiene un livello ottimale di idratazione corporea.
  2. Acidi grassi polinsaturi: regolano in maniera diretta la funzione infiammatoria.
  3. Vitamina C e vitamina E: è nota la loro azione antiossidante e, soprattutto per la vitamina C, l’azione di controllo sui picchi di cortisolo – ricordiamo che il cortisolo, oltre i livelli fisiologici, sopprime l’attività del sistema immunitario, aprendo la strada a possibili infezioni.

 

Andrea D’Alonzo – Biologo Nutrizionista

Esercizi per gli addominali bassi? Non esistono!

Quando si parla di addominali, avrete sicuramente sentito nominare gli addominali bassi che, in realtà…non esistono!

Quante volte, parlando di addominali, avete sentito nominare gli addominali bassi?
Ci dispiace deludervi ma gli addominali bassi non esistono.
La distinzione tra fascia addominale alta e fascia addominale bassa è un’invenzione di istruttori non pienamente competenti o che, forse, non hanno aggiunto uno studio accurato dell’anatomia alla propria preparazione atletica.

Da dove nasce la convinzione che esistano gli addominali bassi?

La distinzione tra addominali alti e addominali bassi è una leggenda metropolitana – totalmente fake – che circola nella maggior parte delle palestre esistenti.
Ma da dove nasce questa convinzione – per altro, molto lontana dall’anatomia reale del nostro corpo?

Una spiegazione plausibile parte dall’assunto base secondo cui ad allenamento corretto e regolare corrisponde una riduzione della massa grassa, in favore di quella magra. La prima zona a risentire visibilmente degli effetti di una corretta attività fisica è la fascia addominale superiore; mentre, di sovente, la parte bassa dimagrisce più difficilmente.
Da qui, la tipica frase dei personal trainer: “Devi allenare di più gli addominali bassi!”.

In realtà, se vogliamo guardare alla questione da un punto di vista strettamente anatomico, il rectus abdominus è un muscolo unico che parte dallo sterno e si inserisce nella zona pubica: è impensabile, quindi, che possa contrarsi solo in parte; o si contrae, o non si contrae.

Conseguentemente, è impossibile che esistano degli esercizi utili ad allenare una sola parte di questo muscolo.

Se non alleno gli addominali bassi, cosa alleno?

Se gli addominali bassi non esistono, allenerete, quindi, l’intero retto addominale.

Dite “NO!” a schede miracolose che prevedono chissà quali esercizi – insensati e spesso dannosi – per una zona del corpo che nemmeno esiste realmente: molti di questi agiscono, in realtà, sull’ileo-psoas, stimolandolo a tal punto da accorciarne la lunghezza – e causando situazioni di iper-lordosi.

Ci sono poi quelli che propongono la combo letale di bicicletta, sforbiciata e sollevamento gambe.
Il primo è chiamato così perché simula il movimento della pedalata e agisce su addominali – tutti, non bassi – e glutei; la seconda, prevede il sollevamento di un arto inferiore per volta, lentamente, fino a formare un angolo da 90 gradi; infine, i sollevamenti si fanno con entrambe le gambe, contemporaneamente. Anche in questo caso, siamo spiacenti: stiamo allenando tutto il retto addominale.

Come togliere la pancetta?

Un modo per perdere massa grassa accumulatasi nella zona addominale è svolgere una buona attività fisica, volta al raggiungimento di obiettivi specifici concordati con un personal trainer serio, preparato e che abbia conoscenze base anche in ambito medico e anatomico.
Alcuni esercizi, poi, sono più utili di altri. Ne citiamo due di esempio:

  • il plank, è molto duro – ma molto efficace – e consiste nell’appoggiarsi sui gomiti, partendo in posizione da flessione, con il corpo bene in asse e gli addominali contratti;
  • il v-up, che prevede la formazione di una vera e propria V, a gambe tese e le braccia dietro le orecchie, in sollevamento.

Senza volerci ripetere, all’attività motoria va affiancata un’alimentazione sana priva di grassi, zuccheri, farine raffinate e alcolici: gli strappi alla regola sono concessi – non siamo eccessivamente severi – ma la quotidianità deve seguire regole salutari – se si vuol perdere massa grassa e gonfiore addominale.