La frequenza degli allenamenti settimanali è un tema ampiamente dibattuto nel mondo del fitness e della salute. La risposta a questa domanda non è univoca, poiché dipende da una serie di fattori quali gli obiettivi di allenamento, il tipo di morfotipo fisico, il livello di esperienza e altre variabili personali.
Obiettivi di allenamento
Gli obiettivi specifici possono influenzare notevolmente la frequenza degli allenamenti. Ad esempio, chi mira all’aumento della massa muscolare potrebbe beneficiare di 3-5 sessioni a settimana (Schoenfeld et al., 2016). Questo studio ha evidenziato come la frequenza possa essere modulata in base agli obiettivi: per l’ipertrofia, distribuire lo stesso volume settimanale su più sessioni può essere più efficace rispetto a concentrarlo in pochi workout.
Morfotipo fisico e livello d’allenamento
Il morfotipo fisico (ectomorfo, mesomorfo o endomorfo) può influenzare la capacità del corpo di recuperare e adattarsi agli stimoli dell’allenamento. Gli ectomorfi, caratterizzati da una struttura più snella e difficoltà nell’aumento del peso corporeo, potrebbero necessitare di meno frequenza ma con maggiore intensità per stimolare la crescita muscolare senza incorrere in sovrallenamento (Kreider et al., 1998). Al contrario, i mesomorfi e gli endomorfi potrebbero tollerare volumi e frequenze maggiori. Il livello d’esperienza è un altro fattore cruciale. I principianti possono ottenere significativi guadagni sia in termini di forza che ipertrofia con solamente 2-3 sessioni per gruppo muscolare alla settimana (Rhea et al., 2003), mentre atleti avanzati potrebbero necessitare una maggiore specificità e frequenza per continuare a progredire.
Variabili come l’età, lo stile di vita (incluso il sonno), la nutrizione e lo stress giocano un ruolo fondamentale nella determinazione della frequenza ottimale degli allenamenti. Un recupero insufficiente può portare a sovrallenamento ed effetti controproducenti sulla salute fisica ed emotiva. Non esiste una regola universale applicabile a tutti; ogni individuo dovrebbe considerare i propri obiettivi specifici, ascoltando il proprio corpo e adattando la propria routine in base ai feedback ricevuti durante il percorso. È consigliabile consultarsi con professionisti del fitness o medici sportivi per sviluppare un programma personalizzato che massimizzi i risultati minimizzando i rischi.
Perdere grasso localizzato è proprio una delle tante richieste che di solito si fanno al proprio dietista.
“Ho il grasso proprio qui sulla pancia che non se ne va, come posso fare per toglierlo?”
Su Internet o sui vari social è sempre più diffuso un mondo di integratori, spacciati come salvavita, che cercano di venderti questo prodotto come la soluzione miracolosa che può andare a snellire quella parte del corpo che detesti.
Gli studi scientifici, però, parlano chiaro! Il dimagrimento localizzato non esiste!!
Ma niente paura! Abbiamo detto che non esiste, ma non che il grasso localizzato è impossibile da togliere! Però vediamo più nel dettaglio come poter fare per andare a ritoccare quelle parti del corpo che non ci piacciono.
Tendenzialmente i punti critici sono “fissi“ sia per le donne che per gli uomini: le donne lottano perennemente contro i fianchi, mentre i maschi hanno a che fare con la fascia addominale. La scienza ancora non mette a disposizione delle formule e dei piani che stabiliscano come sciogliere solo il grasso in quelle parti del corpo che diventano per noi odiose. Però, allo stesso tempo, abbiamo a disposizione il potentissimo mezzo dell’alimentazione che ci permette di togliere il grasso in eccesso totale e, di conseguenza, andare ad intaccare anche quella parte che vogliamo eliminare!
Ovviamente l’impostazione del piano deve essere stilata ad hoc e calcolata da persona a persona in modo tale da mantenere intatta la massa muscolare andando a togliere solo ed esclusivamente la massa grassa. In questo modo prenderemo le riserve di grasso come fonte di energia e, quindi, possiamo effettivamente togliere il grasso in eccesso e, di conseguenza, anche quello localizzato nelle varie parti del corpo.
Quindi da un dimagrimento totale arriviamo ad un dimagrimento localizzato che ci permette di ottenere i risultati tanto desiderati.
Anche l’allenamento è fondamentale per rassodare quella parte del corpo che “scopriamo“ per poter vedere un muscolo tonico.
Attenzione! Non stiamo dicendo che per dimagrire nella fascia addominale, dobbiamo fare gli addominali! Ma l’addome, essendo un muscolo, va allenato come tale in modo da renderlo tonico e ipertrofico perché, quando togliamo lo strato di adipe localizzato sopra la pancia, scopriamo la fascia muscolare che, se non ben allenata, risulterebbe poco visibile.
Abbiamo preso come esempio gli addominali, ma lo stesso discorso vale per le altre parti del corpo. Per quanto un’alimentazione ben calibrata possa far mantenere la quantità di muscolo, associare un allenamento personalizzato ha l’effetto di far “uscire“ il muscolo e renderlo più tonico.
Per concludere, quindi, non abbiamo delle diete o dei meccanismi che ci fanno dimagrire solo ed esclusivamente in una parte del corpo, ma impostare un dimagrimento con un’alimentazione e un allenamento mirati possono togliere il grasso in eccesso in tutto l’organismo, soprattutto nella parte più… “abbondante”.
Tra le frasi più cercate su google: dolore al ginocchio interno? esterno? cosa fare? come alleviare? quale antinfiammatorio? tai chi (giuro anche questo)? perché?
Che argomento! Ci sarebbe da scrivere per giorni… ma non voglio annoiarvi con la solita sviolinata di anatomia funzionale, piena di termini che per i non addetti ai lavori suonano come aramaico antico. Fastidio e dolore al ginocchio sono tra i sintomi più frequenti che i nostri pazienti lamentano quando arrivano in studio, quasi più frequenti del mal di schiena (da sempre al top della lista).
Il bello è che mentre per la schiena notiamo un trend maggiore in età avanzata, per le ginocchia sembra non esistere range di età (dai più piccoli agli adolescenti, fino agli anziani). Questo ci ha portato nel tempo a farci molte domande e a cercare risposte teoriche e pratiche per combattere questo problema che sembra quasi epidemico e sociale.
La cosa più importante da capire è che il ginocchio è un articolazione complessissima, con tante strutture diverse (per natura e funzioni) e che quindi correlare il dolore ad una specifica lesione non è facile, bisogna avere un occhio d’insieme. Inoltre può capitare che il dolore sia irradiato ma che provenga da altre zone.
Con questo non sto dicendo che non sia importante studiare clinicamente con i relativi esami diagnostici, ma è molto importante, almeno per noi, comprendere come e quanto il dolore limiti l’espressione di movimento (segmentario della singola articolazione) e condizioni quindi la performance motoria globale della persona.
Il nostro approccio si base su tre fasi:
1- Gestione del dolore e mantenimento del range motorio e degli schemi motori di base:
in questa prima fase cerchiamo con tecniche riabilitative manuali, strumentali, con bendaggi
e soprattutto col MOVIMENTO, di ridurre il dolore percepito, di gestire il gonfiore e l’infiammazione, cercando di mantenere un arco di movimento più ampio possibile. Ma non basta, la cosa più importante da valutare e preservare sono quegli schemi di movimento di base come il ruotare, lo stare in piedi o seduto o il rotolare, con i quali potremmo perdere familiarità a causa delle limitazioni causate dal dolore e quindi degli adattamenti posturali dinamici che andremo a fare. Molto spesso, sono proprio schemi motori non funzionali (con relative articolazioni incapaci di svolgere a dovere il loro compito) che obbligano il ginocchio a fare molto più di quanto sia pronto a fare in quel momento.
2 – Aumento del potenziale motorio, lavoro sulla forza e sui tessuti
Attraverso il lavoro sugli schemi motori e la sperimentazione di sequenze coordinative e di ritmo articolare, si va via via a richiedere un impegno del sistema più profondo; è come se si andasse a costruire, o meglio svincolare, una capacità di movimento più consapevole e sicura. È fondamentale iniziare il lavoro sulla Forza (ma non pensiamo semplicemente alla forza dei muscoli o del distretto, bensì la forza espressa dall’intero sistema in un movimento) come la spinta mentre lanciamo un oggetto pesante o nel saltare o nell’alzarsi. Tutto il range di movimento che abbiamo recuperato o mantenuto in prima fase è difficile che venga utilizzato nei movimenti se il sistema non ha una stabilità e forza tale da poter gestire quel grado di mobilità. Lavorando su questi aspetti – coordinazione, ritmo articolare, forza in dinamiche globali (ovviamente con i giusti dosaggi) – cerchiamo di condizionare ed aiutare fisiologicamente i tessuti a migliorare sia dal punto di vista strutturale (e non è un processo né facile, né scontato, né veloce) sia dal punto di vista dinamico e fisiologico. Infatti insegnando al comprimere col giusto ritmo le ginocchia, ad estendere e cercare il carico, ad allungare ritmicamente i diversi comparti, otteniamo anche un miglioramento nelle dinamiche vascolari e di nutrimento dell’intera articolazione.
3 – Impatto a terra, contatto e instabilità.
Nell’ ultima fase (in cui consideriamo il dolore praticamente scomparso) ciò che più ci preme è rendere la persona pronta per sfruttare al massimo il suo ginocchio sia nella vita che nello sport! Cioè renderla capace di gestire imprevisti, cambi repentini di movimento o scelta motoria, instabilità e forti impatti a terra.
In questa fase la creatività la fa da padrone e si riesce a personalizzare al massimo ogni esercizio: si passa dall’aspecifico allo specifico in maniera molto divertente, si prediligono esercizi in cui si è impegnati visivamente o mentalmente nella risoluzione di una situazione mentre l’operatore può usare diversi strumenti per “colpire” e destabilizzare il soggetto. Fondamentale recuperare la capacità di atterrare e quindi impattare il piede e la gamba a terra, attivando (anzi meglio pre-attivando anticipatoriamente) tutto il sistema.
Lo so, sembra un lavoro esagerato da fare per un semplice dolore al ginocchio che uno si porta dietro da tempo e magari ha anche imparato a conviverci (ogni tanto maledicendolo). Ma non siate duri con questo ginocchio, probabilmente sta solo facendo molto di più del suo dovuto, gestendo una situazione globale difficile, magari coprendo un’altra sua amica articolazione che è ancora più “scarsa” di lui.
Concludo dicendo che non tutte le ginocchia sono recuperabili (anche con protocolli così completi) molto spesso la mano di un bravo chirurgo è la via migliore, ma anche in quel caso, la maggior parte degli interventi terapeutici sopra citati, sia in fase pre-operatoria che post, possono davvero fare la differenza sulla qualità del risultato finale!
Scordiamoci la ginnastica dolce, i massaggi, i trattamenti passivi, ecc. La spalla va allenata. Lasciamo la parola al fisioterapista Dott. Massimo Coretti del Settore Rehab di Focus Training per toglierci ogni dubbio.
La spalla
croce e delizia di ogni terapista, trainer e atleta. Perché è così speciale e interessante questa articolazione?
A mio avviso ci sono tre cose da capire prima di tutto:
PRIMO: non è una singola articolazione, ma è un armonioso complesso multiarticolare, ed ogni sua parte è co-dipendente nel movimento.
SECONDO: è un sistema che può passare da una condizione di alta stabilità, a quella di massima mobilità in maniera praticamente istantanea e totale.
TERZO: la maggior parte dei tessuti che la compongono non sono solo ossei e muscolari, c’è un meravigliosa architettura di tendini, legamenti e connettivo, che svolgono molte funzioni diverse in base al posizionamento e alla richiesta motoria.
Perché mai una così bella struttura dovrebbe far male? E soprattutto: da dove scaturisce il dolore?
Essendo allo stesso tempo mobile e stabile, l’equilibrio di questo sistema è sempre molto fine. Viene influenzata da moltissimi distretti con i quali è direttamente o indirettamente collegata, e il suo movimento è intimamente connesso con la funzione dei muscoli respiratori e stabilizzatori della colonna.
Si dà per scontato che il dolore alla spalla derivi sempre da un reale danno o lesione dei tessuti (e spesso, soprattutto nei dolori cronici, si trovano lesioni rilevate con la diagnostica strumentale).
Ma il fatto che ci siano delle lesioni (che spesso sono solo adattamenti della struttura alla richiesta funzionale ripetuta) NON È AUTOMATICAMENTE CORRELATO AL SINTOMO!
LESIONE NON È UGUALE A DOLORE E DOLORE NON SIGNIFICA LESIONE!
Oltre alla letteratura scientifica, questa convinzione ci deriva dalla nostra esperienza clinica.
E quindi? Cosa fare, da chi andare? Ascolto il trainer? Vado dal terapista? Continuo ad allenarmi o riposo? Ghiaccio o calore? Farmaci?
1 – RISPETTARE IL DOLORE
Il dolore è un dono che il nostro corpo ci fa per autotutelarsi e va ascoltato e rispettato, quindi incaponirsi nell’ allenamento in ottica di rinforzare l’articolazione, senza una cognizione e un approfondita valutazione, è sempre la strada sbagliata!
Come d’altronde cercare in tutti i modi di diminuire il dolore con approcci farmacologici o rimedi fai da te per poter allenarsi a tutti i costi.
Sconsigliato è anche però evitare completamente l’approccio farmacologico, anche se prescritto dal medico, mantenendo il dolore acuto per molto tempo e rischiando una sensibilizzazione ad esso.
2 – AFFIDARSI AD UNO SPECIALISTA (ma quale?)
Ribadiamo i ruoli, in una condizione di dolore acuto, improvviso ed aspecifico, non derivante da traumi, interventi o condizioni degenerative di cui si è a conoscenza, non si può prescindere dalla visita MEDICO SPECIALISTICA, di un medico specializzato in SPALLA (ebbene si, esistono, perché la medicina moderna è sempre più mirata e settoriale, ed è importante al giorno d’ oggi capire quanto sia importante ricercare la specificità!)
Inquadrare clinicamente il sintomo, delineandone caratteristiche e diagnosticando possibili cause e condizioni patologiche di base, è fondamentale per scegliere un percorso di trattamento o allenamento che sia davvero specifico per ciò che sta succedendo.
E poi, nella pratica?
Una volta studiata clinicamente dal medico la situazione, viene inquadrata la condizione funzionale del soggetto, con un accurata valutazione da parte dei FisioterapistI e dei Trainer.
Scordiamoci la ginnastica dolce, i massaggi, i trattamenti solo passivi, arrivare in seduta in camicia e mocassini.
Come abbiamo detto la spalla è un armonioso complesso, e se un complesso non funziona bene, genera dolore o risulta limitato limitato, allora è necessario farlo lavorare per far migliorare il suo funzionamento, e questo può avvenire solo con il LAVORO ATTIVO.
Ciò che intendiamo per lavoro attivo qui da focus, è migliorare i seguenti parametri:
CONSAPEVOLEZZA
percezione e qualità della DINAMICA RESPIRATORIA in relazione ai movimenti della spalla, eseguendo respirazioni specifiche e ritmiche associate a movimenti di esplorazione dello spazio e di richiesta motorie semplici della spalla.
RITMO ARTICOLARE
Lavorare sul ritmo con cui le diverse articolazioni concorrono nel movimento finale è fondamentale. Con esercizi specifici di controllo motorio, si possono davvero ottenere risultati quasi miracolosi perché tangibili già dalla prima seduta!
Lavorare con i sovraccarichi spesso è fondamentale e insostituibile.
Sempre rispettando il dolore, è importante far provare alla spalla l’esperienza di dover controllare un peso nello spazio e gestire l’instabilità che ne deriva. Inoltre, lo stimolo è importantissimo per i tessuti, richiamando e attivando nella zona tutti i fattori chimici che servono a rimodellare la qualità della composizione tissutale.
Sono utili non solo i classici pesi, ma molti strumenti che per forme e carico, vanno a simulare molti oggetti della vita quotidiana o dello sport, come clubbel, kettlebel ecc.
I movimenti complessi sono importantissimi perché richiedono non solo un aumento di forza e un condizionamento dei tessuti, ma un aumento di parametri come la coordinazione tra arto superiore e inferiore e i relativi cingoli, oltre alla coordinazione del movimento degli occhi, della testa, del torace in relazione al compito che deve svolgere l’arto.
Insomma, non basta far diventare più forte un articolazione, ma bisogno soprattutto fare diventare più competente tutto il sistema di cui fa parte !
Hai una contrattura muscolare. Cosa fare? Esercizi, stretching, massaggi, anti-infiammatori e tutte le contromisure possibili sono realmente valide? Ce lo spiega il fisioterapista.
Sarà capitato anche a te: all’inizio, durante o a fine allenamento, o anche il giorno dopo. All’improvviso quel distretto, quella zona o quel singolo muscolo che si contrae e sembra non volersi rilassare mai più!.
Ma cosa avrà causato la tua contrattura muscolare? Troppo allenamento? Uno sforzo preciso ed eccessivo? Uno stress cronico? Possono essere tutte risposte esatte ma scervellarsi sulla causa non è sempre la cosa più utile nell’ immediato, il ragionamento sulle cause è sempre giusto lasciarlo alle figure medico-specialistiche.
E allora, cosa faccio nell’ immediato?
Partiamo da una premessa importantissima: il corpo usa i muscoli e la loro contrazione per gestire tutto ciò che succede all’interno e all’esterno. Quindi, se si presenta una contrattura muscolare, significa che il tuo sistema corpo, in quel preciso momento HA BISOGNO di quella contrattura!
Qualsiasi cosa abbia causato la contrattura, il tuo corpo ha come primo obiettivo preservarsi.
Quindi non arrabbiarti per ciò che è successo, probabilmente quella contrattura muscolare ti ha tutelato rispetto a ciò che poteva accadere.
Detto ciò, la prima cosa da fare è proprio STARE CALMI.
Non cercare subito in ogni modo di rilassare la parte (anche perché è assai più probabile peggiorare la situazione). Stare calmi, significa innanzitutto RILASSARE e GESTIRE la propria RESPIRAZIONE, concentrandosi sulla fase espiratoria, con l’obiettivo di ridurre lo stato generale della tensione corporea, migliorando e armonizzando molte funzioni.
EVITATE di voler allungare, comprimere o massaggiare a più non posso!
Come abbiamo già detto, dobbiamo rispettare il nostro corpo che ha ritenuto necessario creare quella tensione muscolare.
Spesso andando ad allungare finiremo solo per elongare sovramisura i distretti già liberi, senza sortire effetto sulla zona tesa. Comprimendo invece spesso si sente una sensazione di miglioramento dovuta alla reazione vascolare indotta dalla compressione, ma anche questo effetto è spesso effimero e la contrattura torna al primo movimento non fluido!
La cosa migliore, dopo aver lavorato sul respiro, è quella di fornire al nostro corpo INFORMAZIONI coerenti e positive, attraverso il movimento possiamo infatti comunicare con il nostro sistema, facendogli sperimentare movimenti complessi e armonici:
COMPLESSI: compiere movimentazioni che prediligano l’uso di intere catene muscolari, senza punti di massima tensione, preferendo i movimenti circolari. (In questo modo il distretto teso, sarà solo un anello dell’intera catena che crea il movimento e tenderà a normalizzare il suo stato di contrazione avvicinandosi a quello dell’intera catena). Di seguito un video esplicativo:
ARMONICI: è fondamentale che i movimenti seguano un ritmo armonico, cioè FLUIDO (senza interruzioni o punti di massima tensione e di stretch mantenuto). Inoltre è molto importante che siano coerenti col respiro e che non creino punti di massima fissità o stabilizzazione focale. (I movimenti migliori sono quelli circolari rotazionali, che riescono a sviluppare al meglio le attivazioni muscolari e a tendere/detendere in maniera ottimale ogni fibra). Di seguito un video esplicativo.
Spesso se la contrattura è forte, anche solo eseguire le movimentazioni in piedi può richiedere una contrazione posturale di base troppo forte, in quei casi è ottimale eseguire le respirazioni e i movimenti direttamente a terra!
Spero che questo articolo possa essere utile a molti e possa stimolare a conoscere meglio se stessi e il proprio corpo, scoprendo le proprie risorse di autotrattamento!
Cerchi di seguire dieta e allenamento per dimagrire, tonificare, cambiare… eppure tendi sempre a fare uno “sgarro” nei tuoi programmi. In questo articolo ti spiegherò come la Teoria delle finestre rotte può aiutarti a gestire il problema.
Esiste una New York “prima” del sindaco Rudolph Giuliani, ed una New York “dopo“.
La New York “prima” era quella che vediamo nei film dei primi anni ’80, sporca e degradata. Per non parlare della metropolitana, impossibile da prendere di sera.
La New York “dopo” , malgrado resti una metropoli con tutti i suoi problemi, è molto più pulita e decorosa.
Cosa ha fatto il sindaco italo-americano Rudolph Giuliani?
Ha solo applicato la teoria delle finestre rotte. Una teoria introdotta per la prima volta in una rivista di scienze sociali nel 1982 ad opera di Wilson & Kelling.
L’immagine che si usa per spiegarla è visiva e sempliciotta, ma funziona: se tu sei un vandalo e passi davanti ad un edificio con i vetri delle finestre in perfetto stato, ti sarà più difficile prendere una pietra e spaccarne uno. Se invece passi davanti ad un edificio con i vetri già spaccati, ti sentirai molto più autorizzato a proseguire la tua opera d’arte con gli altri vetri.
Ma io non sono un vandalo!
Giustamente. Ma la teoria è applicabile ad ogni comportamento sociale. Vi è mai capitato di vedere un vostro amico gettare a terra un mozzicone di sigaretta con estrema facilità laddove ce ne sono altri centinaia e le strade sono già una discarica? Avete notato che invece la stessa persona quando si trova in una città nord-europea (famose per la loro pulizia) va a cercare un portacenere dove poter gettare il suo rifiuto?
Dove è pulito viene spontaneo mantenere pulito, laddove è sporco si continua a mantenere lo sporco, secondo il procedimento inconscio per il quale il nostro contributo non porterà chissà poi quale danno.
Lasciamo stare alla memoria il buon Rudolph, il quale poi dopo la pulizia applicò Tolleranza Zero sbattendo in galera chiunque osasse degradare la città (con tutta la mia simpatia peraltro). Come si collega questa teoria al nostro cambiamento corporeo?
Il concetto chiave da tenere a mente è:
“Lo sgarro porta sgarro!”
Ovvero, se all’interno della tua dieta, che stai seguendo con rigore da giorni, ti concedi di fare una colazione con i bomboloni alla crema da Superciccio (nota cornetteria romana) illudendoti che poi manterrai il pranzo in perfetto rigore, noterai come a pranzo sarai portato nuovamente a concederti un piccolo sfizio. “Tanto ormai. Oggi è andata, da domani riprendo seriamente“.
Non è un caso che i nutrizionisti programmino il “cheat meal” (cioè il pasto libero) all’interno della loro alimentazione controllando l’incontrollabile. Quando devi sgarrare lo devi fare all’interno di un programma già stabilito a tavolino con il nutrizionista. Lo sgarro alimentare dalla dieta è importante sia psicologicamente che fisicamente.
Fisicamente: non puoi mantenere una alimentazione iper- controllata tutti i santi giorni per più di un mese, il corpo ha dei meccanismi sciogli grassi che devono aver modo di esser messi alla prova. Per capirci, devi allenare anche il fegato: se regolato in modo corretto una spremuta di fritti gliela devi concedere ogni tanto, altrimenti si impigrisce. (questa è una regola generale, ma per correttezza specifico che per alcune persone questo non funziona. Per ogni approfondimento potete chiedere una consulenza al nostro nutrizionista di Focus Training)
Psicologicamente: mangiare non è solo nutrirsi, è un atto di lussuria, un piacere che deve restare concesso all’essere umano. Basta con questa visione della dieta come qualcosa di difficilissimo. Dieta vuol dire “stile di vita“. Quando si deve ottenere un dimagrimento importante o smuovere il metabolismo ci possono essere delle fasi più rigide, ma che poi conducono alla ricerca di un comportamento alimentare corretto e totalmente assimilato dall’atleta. Deve diventare un’abitudine.
Inoltre per “sgarro” si può anche intendere una mancanza nel tuo allenamento. Se procedi con regolarità secondo programma allenandoti 3 giorni fissi a settimana, cosa succede quando salti un allenamento? Non ti senti in colpa? E quel senso di colpa a cosa ti porta? A voler recuperare oppure a concederti una pausa al “gusto gelato” per una sera? Sempre perché “dai oggi è andata così, da domani si ricomincia“.
Chi mi conosce sa bene che sono contrario al vivere la vita sportiva intesa come privazione e sacrificio. Come lacrime e sangue. Ma tutto dipende dall’obiettivo. Quando parlo del fatto che la via del benessere deve essere percorsa senza fatica mi riferisco alle persone comuni che vogliono vedersi più belle e sentirsi in forma. Certo, se ti sei dato l’obiettivo di perdere un TOT peso entro un certo tempo allora qualche sacrificio lo devi fare. Se poi vuoi partecipare ad una competizione sportiva allora è tutto un altro paio di maniche, devi impegnarti sodo e sputare sangue, ma teoricamente se quello è il tuo obiettivo hai già una mentalità predisposta a non sgarrare.
La teoria delle finestre rotte. Ora che la conosci la puoi gestire. Evita quello sgarro inutile, evitalo con tutte le forze, il più delle volte è dipendente solo dall’abitudine o dai sensi, come quando entri la mattina al bar per un caffè e senti l’odore dei cornetti appena sfornati. Attendi il tuo “Cheat Meal”. Se i cornetti oggi non sono nella tua alimentazione, lo saranno domani.
Non hai resistito ed hai sgarrato?
Fermati, ripensa a quanto ti ho detto e prova ad arginare tutte le voglie compulsive che ti prenderanno nelle ore successive. Ristabilisci l’ordine.
Argina quel momento, pensa alla teoria delle finestre rotte e non farti fregare: anzichè continuare nell’errore fatto a pranzo, provvedi ad una cena più morigerata. Se controlli questo impulso tramite la razionalità ce la puoi fare. Come ci spiegano i sociologi di cui sopra, l’impulso a continuare a sgarrare è automatico e insito nell’essere umano percui, sapendo che è un processo che si attua incosciamente, non devi far altro che “disattivare il pilota automatico” e riprendere il controllo dei tuoi impulsi.
E se proprio non ci riesci allora vuol dire che c’è qualcosa che non va nella tua alimentazione e devi riferirlo al tuo nutrizionista, lui ti può aiutare. A volte basta riformulare la dieta sulla base delle tue esigenze.
Funziona sempre così: chi chiede aiuto alla fine ottiene risultati. Chi si tiene tutto dentro per orgoglio o vergogna non arriva da nessuna parte.
E la prossima volta che ti vedo buttare a terra quel mozzicone di sigaretta ti taglio le dita.
Buono sgarro.
dott. Flavio Bulgarelli
Psicologo
Personal Trainer
Titolare di Focus Training Studio
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Tutti i retroscena dello sviluppo di massa muscolare a corpo libero corredato da una piccola scheda di allenamento.
Argomento più che attuale vista la chiusura dei centri sportivi e delle palestre e la sempre più crescente attività nei parchi.
Da qui parte la crisi: come posso mantenere un fisico tonico ed aumentare la massa muscolare senza poter contare su un adeguato pacco pesi?
Inizierei da un’altra domanda, ovvero:
si può mettere massa muscolare a corpo libero?
La mia risposta è dipende, ma non si tratta di una risposta furba per non sbilanciarmi e non fare brutte figure, perché dobbiamo sempre partire da ciò che muove un qualsiasi programma di allenamento: OBIETTIVI.
Non mi piace pensare in maniera assolutistica, perciò non consiglierei mai di usare solo pesi o solo corpo libero.
Entrambi diventano fondamentali all’interno di un percorso ben bilanciato in quanto la gestione del proprio peso corporeo (tutti gli esercizi a corpo libero) fornisce il trampolino di lancio per lo sviluppo delle capacità sia coordinative che condizionali ed è considerato il primo “test” da superare se voglio iniziare a giocare con i sovraccarichi.
Del resto sarebbe sciocco cominciare ad usare pesi esterni se non so gestire il peso che mi porto dietro tutti i giorni tutto il giorno (il mio stesso corpo).
D’altro canto, al fine di ottimizzare il mio programma di ipertrofia, i sovraccarichi ricoprono un ruolo fondamentale, in quanto stimolano determinate aree del sistema nervoso preposte alla produzione di ormoni specifici all’anabolismo (incremento di massa muscolare).
Questo non è detto a caso: la letteratura scientifica attesta, infatti, che vi sono delle cascate ormonali che possono essere attivate SOLO dall’allenamento contro resistenza, ovvero dai sovraccarichi.
Un programma di ipertrofia che si rispetti deve necessariamente tenere conto di alcuni elementi fondamentali:
Fattore 1: intensità di carico
Parliamo in poche parole dei KG che si piazzano sul bilanciere durante l’esercizio. Se vogliamo veder aumentare la nostra massa muscolare, prima o poi dovranno aumentare anche i pesi che solleviamo, ma non prendete queste parole alla leggera. Gli aumenti di intensità vanno fatti in maniera sapiente e, soprattutto, quando la gestione del carico scelto soddisfa la tecnica (frase banale, ma vera)
Fattore 2: volume
Per “volume” intendiamo letteralmente la mole di lavoro che ci accingiamo a compiere in una giornata di allenamento, quindi numero di serie, numero di ripetizioni, ecc. Volume ed intensità sono solitamente due parametri opposti: se sale uno, scende l’altro, cosa più che logica.
Ad esempio: non potrei tenere, al livello di fatica neurale, un allenamento con carichi altissimi e ripetizioni altissime. Il mio sistema nervoso mi “fermerebbe” prima della fine dell’allenamento, compromettendo così la qualità della seduta
Fattore 3 : T.U.T. (Time Under Tension) Comunemente inteso come tempo sotto tensione.
Al fine di ottenere il massimo da ogni esercizio volto alla massa muscolare, ciò che devo cercare è di creare danno muscolare.
Avete capito bene, devo creare una lesione. E’ il principio base dell’ ipertrofia: creando danno muscolare, e quindi una lesione delle fibre muscolari, darò via ad un processo finalizzato alla ricostruzione più efficiente di quello stesso danno.
Come posso creare un danno muscolare maggiore? Aumentando la durata di ogni singola ripetizione.
Esempio: prendiamo in esame due persone che eseguono uno squat. Stesso peso, stesse ripetizioni, stesso tempo di recupero. La sola differenza è che il soggetto A impiega 4 secondi per eseguire una ripetizione, mentre il soggetto B ne impiega 2. A avrà un t.u.t. maggiore e quindi creerà un danno muscolare maggiore.
NOTA: attenzione a giocare con il t.u.t., perché è vero che devo aumentare il danno muscolare, ma questo non significa che posso farlo ad ogni seduta e su ogni esercizio!!
Fattore 4: Stress metabolico periferico
Si intende l’aumento di metaboliti di scarto e ioni che acidificano il ph del tessuto colpito.
Torniamo nel vivo del problema: posso mettere massa muscolare a corpo libero? Non aspettatevi risultati da bodybuilder, ma possiamo sicuramente inserire elementi impegnativi ed allenanti.
Di seguito qualche piccolo consiglio che vi do per massimizzare il lavoro
scegliete esercizi monopodalici, aumenterete la complessità e il carico sul singolo arto, salvaguardando al tempo stesso eventuali problematiche legate alla colonna;
scegliete esercizi asimmetrici: variazione e complessità sono il pane del nostro sistema nervoso;
inserite esercizi pliometrici, balistici e isometrici, in quanto attivano delle risposte fisiologiche volte ad attivazione di fibre di tipo 2 e di ispessimento dei tessuti molli. Inoltre, gli esercizi pliometrici in particolare, sono diventati ormai capisaldi dei programmi di riabilitazione e riduzione degli infortuni;
non potendo variare l’intensità di carico, giocate con il recupero! Le leggere diminuzioni di recupero, fanno sì che aumenti quella che viene definita “densità” di allenamento, un altro parametro importante utilizzato nelle schede di massa muscolare.
Vi lascio un “piccolo” allenamento totalmente a corpo libero
Mettetevi a disposizione una panchina e una sbarra e andate al parco! D’altronde il periodo richiede di fare necessità virtù.
Modalità di esecuzione: 10 round (osservare 45’’ di recupero al termine di ogni giro)
5 pull up
10 squat jump
5 plyopush up asimmetrici
10 onelegsquat in scarico (cambio gamba ad ogni giro)
Se vi state chiedendo quali siano gli esercizi di questa scheda che vi ho appens spiegato allora non dovete far altro che guardare il seguente video, l’ho registrato appositamente per voi nel mio studio. Sono esercizi semplici ma sentirete l’effetto.
Ecco di seguito il link per l’acquisto di resistance-band in caso non siate in grado di eseguire un pull up senza supporto:
Ricordate che il corpo libero vale lo stesso se accompagnato dall’utilizzo di un TRX (allenamento in sospensione)
Tale attrezzo può inoltre fungere da mezzo per incremetare l’intensità dell’esecizio, grazie alla distanza dal punto di ancoraggio e grazie anche all’effetto pendolo.
Vi consiglio questo modello in caso voleste acquistarlo
Ho citato svariati esempi, ma ecco dove trovare in pronta consegna un bel programma di allenamento da eseguire comodamente a casa. Consultate questo articolo presente sempre sul nostro sito, scritto dal mio collega Flavio Bulgarelli
Buon allenamento!
Dott. Davide China Specializzato in Riabilitazione e Recupero Funzionale Personal & Small group Trainer
La gravidanza è un momento speciale, delicato e ricco di emozioni per una donna e per il suo compagno. Ma porta con sé una serie di cambiamenti e trasformazioni nel corpo di una donna.
La soglia d’attenzione deve essere assolutamente alta, ma non per questo motivo la vita di una donna deve modificarsi, eliminando abitudini e hobby quotidiani
Ma è giusto considera la gravidanza come se fosse una malattia, creando intorno alla neo- mamma una teca di cristallo?
Gravidanza e allenamento
Gli effetti dell’allenamento sulla gravidanza sono veramente infiniti, è opportuno ovviamente che il Trainer sia costantemente in contatto con il ginecologo della sua assistita e possibilmente con il nutrizionista che la segue.
Se il ginecologo è d’accordo allora il trainer può programmare un allenamento specifico, tenendo presente lecostanti variazioni fisiche della futura mamma per ogni trimestre.
Secondo Alcune Linee Guida espresse dall’American College of Obstretricians and Gynecologists si evince che:
L’attività fisica va promossa per i suoi complessi benefici sullo stato di salute della donna
La gravidanza è un momento particolare per indurre cambiamenti comportamentali
Il possibile ruolo dell’esercizio fisico è essenziale nella prevenzione e nel trattamento del diabete gestazionale
Exercise During Pregnancy and the Post-Partum period ACOG Committee. Opinion n°267
Vantaggi dell’attività fisica in gravidanza
Benessere psicologico
Benessere fisico soggettivo
Mantenimento fitness
L’attività fisica in gravidanza contribuisce inoltre a prevenire
Diabete Gestazionale
Ipertensione Gravidica
Ipertiroidismo
Incontinenza urinaria
Trombosi venosa profonda
Acquisizione e Mantenimento dell’ Eccesso di Peso
Ansia e depressione post-parto
Varici, edemi, crampi arti inferiori
Astenia
Lombalgie
Insonnia
Nausee
Caratteristiche dell’attività fisica in gravidanza
Le linee guida per lo sviluppo e il mantenimento di un buon “fitness” nelle donne NON in gravidanza prevedono attività di condizionamento cardiorespiratorio (attività aerobiche) e muscoloscheletrico (forza)
La prescrizione dell’esercizio fisico in gravidanza può includere gli stessi elementi
• L’attività aerobica consiste nel coinvolgimento dei grandi gruppi muscolari in maniera continua e ritmica come ad esempio il camminare, “aerobica”, nuoto, pedalare
• Possono far parte di un programma di prescrizione anche quelle attività che prevedono un potenziamento del fitness muscolo-scheletrico come esercizi di forza e flessibilità.
• Esistono comunque pochi dati attendibili sull’allenamento alla forza in gravidanza
Secondo le guide linea dell’allenamento in gravidanza si evince che:
Tutte le donne senza specifiche controindicazioni debbono essere incoraggiate a partecipare ad attività di condizionamento aerobico (e di forza) come parte di un salutare stile di vita durante la loro gravidanza
Devono ovviamente essere preferite attività che minimizzino il rischio di cadute e di trauma fetale.
Inoltre le donne devono essere informate che il rischio di eventi sfavorevoli in gravidanza non è aumentato dal normale e regolare esercizio fisico.
Iniziare precocemente, nel periodo post parto, esercizi di ricondizionamento muscolare del pavimento pelvico riduce i rischi di future incontinenze urinarie
Il normale e regolare esercizio fisico durante l’allattamento non interferisce con la quantità e la composizione del latte materno e quindi sulla crescita del neonato. Solo nel caso di allenamenti ad alta intensità prevalentemente incentrati sull’utilizzo del sistema lattacido si è riscontrato una lieve alterazione del sapore del latte materno, ma state tranquille, non diventa tossico.
Allenamento in gravidanza
Ogni programmazione va riadattata settimanalmente, perché il feto cresce giorno per giorno e i cambiamenti nel corpo della mamma sono costanti. In linea generale una delle cose più importanti che ogni allenamento in gravidanza dovrebbe avere è il rinforzo del Pavimento Pelvico, con particolare lavoro sulla respirazione. Controllo e lavoro sulla corretta postura e soprattutto rinforzo muscolare.
Pavimento Pelvico
Avere un controllo di questa muscolatura prima e durante la gravidanza è molto importante soprattutto per facilitare la ripresa dopo il parto e prevenire i disturbi che tipicamente accompagnano le neomamme.
Durante la gravidanza il corpo femminile vive una vera e propria trasformazione, modificandosi e adattandosi per contenere e far crescere un altro essere umano dentro di sé. E in questa trasformazione il pavimento pelvico gioca un ruolo fondamentale.
Muscoli pelvici sani (e di cui si ha il controllo) aiutano a sostenere meglio il peso del bimbo, ne facilitano l’espulsione durante il parto e soprattutto evitano (o limitano) molti disturbi che la maggior parte delle donne si trova ad affrontare dopo il parto.
Come fare la ginnastica pelvica in gravidanza
Sempre più frequentemente, all’interno dei corsi preparto, vengono insegnati alle future mamme alcuni esercizi per allenare il pavimento pelvico in gravidanza. Molte donne, a dire il vero, scoprono l’esistenza di perineo e muscoli pelvici proprio in queste circostanze.
Gli esercizi di Kegel e tutti gli esercizi per l’allenamento del pavimento hanno l’obiettivo di aumentare la competenza, e quindi la “bravura”, della muscolatura pelvica e addominale profonda nell’attivarsi e disattivarsi in maniera armonica, permettendo così di svolgere al meglio la sua funzione contenitiva, aiutando però una dinamica respiratoria più coerente e fisiologica possibile.
L’obiettivo quindi non è il rinforzo muscolare pelvico in sé, ma la reattività e la competenza associata a quella respiratoria. Il feto occupa spazio, costringe intestino e visceri a salire e schiacciarsi sotto il diaframma, cambia la dinamica respiratoria. Lavorare soltanto sulla tonicità pelvica è sconsigliato perché provoca un irrigidimento contrario al principio di armonia muscolo-respiratoria.
Eccone alcuni tra i più semplici ed efficaci da eseguire quotidianamente durante la gravidanza.
– Sdraiate supine e con le gambe piegate, contraete i muscoli pelvici per 5 secondi, poi rilassateli per 10 secondi. Ripetete 15/20 volte. Per creare un’efficiente e funzionale attivazione pelvica, si deve sempre partire da esercizi di percezione , bisogna cioè cercare di sentire l’attivazione ed il rilascio, non basta contrarre. Spesso in questo modo si attivano solo i muscoli costrittori e non i muscoli che vogliamo.
-Nella stessa posizione, cercate di passare da contrazioni brevi e intense a una contrazione più prolungata e progressiva. È l’esercizio chiamato “ascensore”: immaginate di far salire lentamente un peso dall’esterno all’interno della vagina, per poi farlo scendere gradualmente. Ripetete 5 volte.
-Sedute con le gambe piegate e le piante dei piedi appoggiate a terra, stringete tra le ginocchia una pallina in spugna/softball o un piccolo asciugamano. Ripetete 15/20 volte.
È utile associare un rinforzo eccentrico della muscolatura adduttoria ( parte interna della coscia per capirci) e della muscolatura dell’anca. Lo so può fare sia con esercizi a terra (come tenere una posizione contro-resistenza) ma anche con lavori in piedi (come squat/affondi ed altri classici esercizi) preferendo sempre una posizione dei piedi asimmetrica, cioè non sulla stessa linea, in questo modo i muscoli adduttori e i rotatori delle anche saranno più coinvolti nel stabilizzare e la muscolatura pelvica tenderà a “strizzarsi” incrociando le fibre al meglio e migliorando la funzione contenitiva, senza doversi però iper-contrarre, e quindi perdere elasticità influenzando la qualità del respiro .
Per “percepire” vengono eseguiti esercizi di respirazione associati ad immaginazione del movimento pelvico, è utile usare oggetti come softball o altro, da mettere a contatto con la zona pelvica come feedback.
(la softball potete acquistarla al link qui di seguito)
Una disciplina molto consigliata per chi è sportiva o chi non lo è mai stata è lo Yoga
Yoga e gravidanza sono veramente un binomio perfetto, basso rischio di traumi, lavoro sulla postura e sulla respirazione.
Per darvi un piccolo esempio, vi lascio questo link di allenamento yoga e gravidanza
Rischi potenziali dell’allenamento in gravidanza
Durante l’allenamento bisognerebbe tenere in considerazione alcune variabili che potrebbero creare delle complicazioni.
L’aumento della temperatura corporea della madre, ad esempio potrebbe indurre Ipertermia fetale; per questo motivo è necessario NON allenarsi durante le ore più calde della giornata e soprattutto mantenere una buona idratazione, soprattutto nel 1° trimestre.
Da evitare inoltre esercizi che possano causare cadute, quindi no salti, e cambi di posizione rapidi.
Sconsigliati esercizi svolti in posizione supina, così come prona. Evitare infatti esercizi a pancia sotto che possano creare pressione sulla pancia.
Non vanno eseguiti esercizi che comportino la Manovra di Valsalva per rischio contrazioni.
Ricordando che tenersi in forma è un atto d’amore che fate per voi e per chi arriverà.
In conclusione
Consultate il vostro medico e, si vi da luce verde, allenatevi tranquillamente sia in senso aerobico che anaerobico, a patto di evitare lavori con elevato sovraccarico. Mantenete in salute il pavimento pelvico effettuando esercizi per il controllo muscolare. Sperimentate qualche lezione di Yoga, ne esistono addirittura di specifiche per donne in stato di gravidanza, se vi piace troverete un gran beneficio per voi e per il bambino.
Se avete bisogno di altri consigli sull’allenamento in gravidanza non esitate a contattarmi presso Focus Training Studio.
Dott.ssa Maria Farina
Specializzata in attività motorie preventive a adattate
Nel nostro centro capita spesso che arrivino delle persone inviate dal medico il quale ha ordinato di fare “ginnastica posturale“, terminologia antica e non precisa che rappresenta già da sola la confusione che c’è dietro.
Difatti non è così facile comprendere di cosa si tratti. L’utente medio non è detto che sappia di cosa stiamo parlando.
Inoltre molte palestre (specialmente quelle low-cost) propongono un normalissimo corso di ginnastica dolce che, per motivazioni di business, chiamano “ginnastica posturale”. Io Flavio Bulgarelli, con i miei anni di esperienza professionale alle spalle svoltasi ANCHE presso centri dove si svolgevano corsi simili, mi assumo la responsabilità ( e il dovere civile) di esprimere il mio parere personale affermando che si tratta di una SEMI-TRUFFA.
“Semi” perchè effettivamente ci sono persone completamente inattive da anni. Per loro qualsiasi movimento anche minimo genera un benessere, ma semplicemente perchè già solo il movimento genera benessere. Se una di queste persone con una semplice lombalgia da inattività si rivolge al medico di base, il quale gli consiglia di fare posturale, il soggetto effettivamente troverà un beneficio. Il concetto è che, pur su una scala da 1 a 100, 1 è sempre meglio di zero.
“Truffa” perché i proprietari delle palestre sanno bene che quella non è vera “posturale”, ma solo un misto di attività generali (spesso tarate per soggetti in terza età). Ma, affibbiando il nome “posturale” al corso, si prendono tutta quella clientela fatta di persone (inconsapevoli di tutto ciò ) che hanno ricevuto dal medico solo l’invio a questo tipo di terapia.
Ecco perché abbiamo pensato di aiutarvi chiarendo con precisione:
che cosa si intende con “posturale”
a chi rivolgervi
come comprendere se state iniziando un percorso che risponde alle vostre esigenze o se state solo buttando i vostri soldi
Per spiegare tutto questo abbiamo fatto una video-intervista, breve ma completa, al posturologo di Focus Training Studio, il dott. Matteo Di Cuffa.
Lo scopo che ci siamo preposti nel girare questo video è stato spiegare in parole semplici concetti difficili, e vi assicuro che non è stato facile. Abbiamo dovuto cercare l’essenziale, ripetere il video varie volte e montarlo in modo da renderlo più chiaro possibile. Crediamo che tutti debbano poter comprendere al meglio prima di poter scegliere.
Ascoltate per intero l’intervista così saprete cosa e come scegliere, e per qualsiasi dubbio potete scriverci o venirci a trovare. Nel nostro sito potete visitare anche la sezione riguardante il nostro settore Riab, specializzato nell’affrontare tutte le problematiche legate al movimento, al sistema osteo-articolare, alla riabilitazione. Buona Posturale.
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In questo articolo ti forniremo le informazioni migliori per conoscere e confrontare le attività sportive più in voga in questi anni. Il nostro scopo non è dirti quale allenamenti devi fare, ma darti la panoramica tecnica necessaria per poter scegliere.
Il team di Focus Training Studio si è diviso il compito di aiutarti a comprendere le differenze tra gli allenamenti. Ogni sezione è curata da uno specialista del settore.
Prima di iniziare ci tengo a dirti che illustreremo le caratteristiche dei vari metodi di allenamento confrontandoli con l’allenamento funzionale. Sia perché nel nostro centro di Roma, Focus Training Studio, siamo specialisti di questa metodica, ma anche perché il funzionale è la base di ogni metodo di allenamento.
Erroneamente qualcuno crede che il Functional Training sia nato negli ultimi anni, qualcuno crede che si tratti solo di allenamento con attrezzi unconventional, qualcun’altro lo confonde con l’allenamento a corpo libero, molti non sanno neanche cosa sia. Invece l’allenamento funzionale viene praticato – anche se NON con questo nome – sin dall’alba dei tempi. Ma questo lo spiegheremo meglio all’interno dell’articolo, quindi… buona lettura.
Iniziamo anzitutto parlando del confronto tra l’allenamento funzionale con un suo “cugino giovane” che negli ultimi vent’anni si è diffuso in tutto il mondo: il Crossfit.
Possiamo descrivere l’allenamento funzionale come quel protocollo o sistema di allenamento volto al miglioramento della performance umana attraverso l’esercizio degli schemi motori di base.
Per schemi motori di base intendiamo tutti quei pattern motori generali e multiarticolari che contraddistinguono l’agire somatico dell’uomo inteso come primate.
La corsa, il salto, l’arrampicata, il sollevamento di carichi dal suolo, l’alzarsi da terra, l’afferrare, il nuotare, persino il gattonare ed il rotolare, sono gesti istintivi e connaturati che sfruttano catene complesse.
Un movimento, in altre parole, può dirsi funzionale se riproduce uno schema motorio associabile ad un’azione naturale o, per meglio dire, se rispetta la funzione per cui quello schema biomeccanico è nato.
I principi dell’allenamento funzionale possono essere declinati in diverse forme, dall’allenamento con i sovraccarichi fino al bodyweight training.
L’allenamento funzionale è proprio il bacino dal quale nasce il protocollo Crossfit.
Questo metodo di allenamento, brevettato in america negli anni 2000, condivide l’idea che i movimenti generali e multiarticolari siano il miglior veicolo per condizionare efficacemente la forza, la resistenza, l’equilibrio, la velocità e le capacità cardiovascolari.
Per spiegare la mission del metodo Crossfit basta descrivere il modello “Hopper”; Immaginate di dover estrarre a sorte un numero corrispondente ad una qualsiasi attività motoria, dal giardinaggio al football, passando per la corsa ed il sollevamento pesi: lo scopo del Crossfit è di rendervi eccellenti in qualunque attività possiate mai estrarre.
Il Crossfit nasce dall’integrazione della ginnastica artistica con la pesistica olimpica ed il condizionamento metabolico (tutti elementi funzionali) e si serve di strumenti ed attrezzi largamento sovrapponibili a quelli usati nell’allenamento funzionale.
Malgrado quanto esposto evidenzi che i due approcci convergono sulla maggior parte dei principi, è possibile ravvisare che l’allenamento funzionale , specialmente nelle sue declinazioni più moderne, pone maggiore enfasi sui pattern motori asimmetrici e sul coinvolgimento consapevole dell’apparato fasciale.
Per contro il Crossfit manifesta, a causa della sua più vasta applicazione agonistica, un “volume” di lavoro per ogni ora di allenamento generalmente più alto, uno spostamento verso sistemi metabolici “lattacidi” ed un maggiore sfruttamento della pesistica olimpica per lo sviluppo della forza esplosiva.
In ultima analisi crediamo che i due mondi, provenendo da una matrice comune, possano e debbano essere integrati e che l’attenzione tecnica tipica dell’allenamento funzionale e l’intensità agonistica tipica del crossfit possano coesistere efficacemente.
Vorrei fare subito una premessa a riguardo, visto che il titolo potrebbe mandare fuori strada: Allenamento funzionale e BB, è vero che concettuamente si trovano ai lati opposti della scacchiera, ma questo non significa che non possano convivere, o meglio, completarsi a vicenda.
In prima battuta: cos’è l’allenamento funzionale? Riporto la definizione: si tratta di un allenamento che stimola catene muscolari (e fasciali) più lunghe possibile, tramite gesti complessi e non isolati.
La finalità in tutto questo è rendere la macchina corpo efficiente e forte!
In breve, non cerchiamo l’allenamento muscolo per muscolo, ma ricerchiamo lo stimolo di più componenti nello stesso momento o nello stesso esercizio.
Per quanto riguarda il Body Building ciò che viene proposto sono una serie di esercizi che mirano ad ipertrofizzare (aumentare la massa muscolare) di ogni singolo muscolo e quindi un lavoro che va ad isolare (a seconda dei giorni) una volta solo il bicipite, una volta solo i muscoli dorsali, una volta solo il gran pettorale…..e così via.
Il fine ultimo in questo campo riguarda l’estetica.
Viste le definizioni potremmo dire da subito che queste due discipline non possano coesistere, ma non datelo per scontato perché inserire alcune componenti di uno nell’altro, potrebbe ampliare i risultati che ci siamo prefissati.
Facciamo un paio di esempi: Spesso mi vengono richiesti programmi di ricomposizione corporea, nello specifico di dimagrimento. Per raggiungere il risultato richiesto, inserisco tantissimi protocolli ed esercizi derivanti dall’allenamento funzionale in quanto mi permettono di stimolare al meglio i sistemi energetici implicati in questi meccanismi, cosa che non riuscirei a fare con soli esercizi di isolamento.
In questo video un paio di esempi:
Di contro, nel Body Building, potrebbero essere impiegati esercizi squisitamente funzionali (come uno snatch con il bilanciere) al fine di andare a “costruire” parti fondamentali delle pose, come la zona lombare.
E non sono solo io a dirlo, ma anche una conoscenza di alto rango in questo mondo: Arnold Schwarzenegger, il quale rilasciò un parere di questo tipo in un’intervista di qualche anno fa.
Quando ci alleniamo, dobbiamo sempre tenere a mente una cosa:
Functional Training e Calisthenics. Due approcci di allenamento molto simili ma al tempo stesso diversi. Cosa li differenzia? Cosa li accomuna? Quali sono i benefici? Scopriamolo insieme.
A chi sono rivolti?
Questo è l’aspetto dove probabilmente vi è la maggiore sovrapponibilità. Nonostante siano spesso associate a ritmi sovrumani e a figure sportive “d’élite”, entrambe le discipline sono accessibili a tutti. Chiunque, indipendentemente dall’età, dal sesso e dallo stato di forma fisica, potrà iniziare ad allenarsi in tutta sicurezza con workout stimolanti, proporzionati al suo livello e di complessità gradualmente crescente.
Finalità
Il termine Calisthenics deriva dalle parole greche “kalós” che significa bello e “sthénos” che significa forza. Il suo obbiettivo è unire entrambi i concetti nello sviluppo di skills. Per skills si intendono determinati gesti o figure che richiedono notevole forza, flessibilità, equilibrio e coordinazione di tutti i muscoli del corpo, risultando quindi esteticamente armoniche, gradevoli, belle. La costituzione di un fisico tonico e definito è in quest’ottica un piacevole effetto secondario, dovuto al fatto che il corpo si “adatta” a fronteggiare queste skills. Infatti, più favorevole è il nostro rapporto massa massa / massa magra, più gestibili saranno queste figure.
Il functional training ha come obbiettivo quello di migliorare il movimento secondo la funzione di grandi catene muscolari, che collaborano al fine di eseguire gesti complessi, ma che rispettano la natura del nostro sistema corpo. Questo si riflette nel nostro corpo con un guadagno di forza, di mobilità, di equilibrio e coordinazione.
Caratteristiche del workout
In questo punto si concentrano le maggiori differenze tra le due discipline.
Nel Calisthenics è prioritario l’allenamento della forza: alta intensità, recuperi medio alti. Questo perché le skills, nelle diverse progressioni, richiedono davvero tanta forza. Non mancano comunque allenamenti relativi alla forza ipertrofica.
Il functional training è più eterogeneo sotto questo punto di vista, abbracciando anche workout più aerobici.
Di quale strumentazione necessitano?
Il Calisthenics, nella forma con cui lo conosciamo oggi, nasce come allenamento a corpo libero praticato nei parchi all’aperto, senza necessità di strumentazione particolare. Di conseguenza, l’equipaggiamento minimo di cui necessita è davvero basilare: bastano il pavimento e una sbarra. Parallele e anelli “completano” la dotazione.
Per quanto concerne l’allenamento funzionale la scelta è totalmente delegata alla creatività del trainer: è possibile allenarsi senza strumenti, così come si possono usare una serie infinita di ausili (kettlebell, sandbag, trx, bilancieri e chi ne ha più ne metta).
Quale scelgo in definitiva?
Il mio consiglio a riguardo è quello di provarli entrambi, mettendo da parte i preconcetti ed abbracciando la curiosità. Come abbiamo visto, sono due tipologie di allenamento sì differenti, ma con molti punti di contatto. L’optimum sarebbe sceglierli entrambi: la scelta è vincente perché in questo modo il vostro allenamento sarà decisamente completo perché avrete modo di accedere ad una vasta gamma di esercizi differenti che faranno di voi un super-atleta!
L’attività fisica come è noto da tempo migliora la qualità della vita dell’essere umano.
Già vivendo in assenza di gravità per qualche giorno ci rendiamo conto dell’effetto negativo che avviene sullo stesso.
Ma fortunatamente la forza di gravità ci fa vivere tutta la vita come dei superuomini.
Un soggetto sano alla nascita, fino all’età di circa 10 anni, ha nel proprio sistema neuromotorio i movimenti in tutte le direzioni e su tutti i piani, ma se non fa attività fisica nel tempo perderà schemi motori e ampiezza di movimento fino ad arrivare in alcuni casi ad una patologia.
Combinando un corretto allenamento, una alimentazione bilanciata e il giusto riposo possiamo puntare ad avere una condizione di vita sana.
Ma quale tipo di allenamento scegliere?
Personalmente ho avuto il privilegio di imparare alcune tecniche di pilates e dell’allenamento funzionale.
Entrambe utilizzano dei principi molto simili ma, mentre il pilates lavora più sulla respirazione, sulla mobilizzazione segmentale della colonna, sul rinforzo del core e sull’isometria con i relativi benefici, l’ allenamento funzionale va a rinforzare la muscolatura,le ossa e le articolazioni seguendo il naturale movimento biomeccanico dell’essere umano. Migliora inoltre la funzionalità dell’apparato cardio–circolatorio e il dialogo tra tessuto muscolare e l’organo adiposo.
Mentre nel pilates avviene un movimento anaerobico, nell’allenamento funzionale si può variare tra allenamento neuromuscolare o metabolico o entrambi.
In conclusione posso dire che entrambe le discipline, utilizzate in sinergia rendono l’allenamento estremamente completo.
CONCLUSIONI
Ora che il nostro team ti ha esposto, devo dire con dovizia di dettagli, tutte le differenze tra gli allenamenti, possiamo trarre alcune conclusioni:
L’allenamento funzionale sembra attraversare in modo trasversale tutti gli approcci, ottimizzando i risultati prestativi sia a livello di semplice “fitness” che a livello sportivo. Così ad esempio un crossfitter potrà trovare grazie all’allenamento funzionale una maggiore consapevolezza miofasciale che lo porterà ad una migliore performance in una gara. Oppure un atleta di Calisthenics potrà integrare dei percorsi di forza con circuiti più aerobici diventando un atleta completo. Oppure si può miscelare il Pilates con il funzionale così come abbiamo fatto qui da Focus Training, creando un apposito protocollo di allenamento chiamato Functional Pilates.
Scegli Crossfit se vuoi orientarti verso un alto volume di lavoro che ti conduca ad alti livelli di prestazione sportiva e metabolica, perchè in fin dei conti il crossfit è uno sport con specifiche gare, ed in quanto tale è orientato verso l’agonismo. Scegli Pilates se necessiti di migliorare la tua postura,la capacità di attivare la muscolatura profonda e la tua capacità respiratoria. Scegli Calisthenics se preferisci un allenamento con minore impatto aerobico, e che ti conduca ad uno sviluppo armonico e ipertrofico del tuo corpo, specie nella parte del tronco e delle braccia. Scegli Body Building se il tuo fine ultimo è il cambiamento estetico, ma assicurati di avere un trainer “illuminato” che conosca l’allenamento funzionale e sappia prepararti un programma di allenamento integrato. Pratica l’allenamento funzionale per migliorare le capacità globali di movimento e renderti in grado di intraprendere qualsiasi percorso sovra-citato.
Quest’ultimo è più che altro un consiglio personale, che esula dallo scopo dell’articolo: non “chiuderti” mai troppo su un solo metodo di allenamento. Prova, sperimenta, divertiti. E sopratutto prova ad integrare. L’integrazione e la curiosità sono elementi fondamentali, nello sport così come nella vita.
Per qualsiasi altro chiarimento passa a trovarci.
Buon allenamento!
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