La ricerca della colazione ideale per chi desidera dimagrire è un tema sempre attuale e di grande interesse. Una colazione dietetica ben bilanciata può infatti rappresentare il punto di partenza ideale per una giornata all’insegna del benessere e del controllo del peso. Una colazione considerata “dietetica” deve essere in grado di apportare tutti i nutrienti essenziali, distribuendo adeguatamente macronutrienti (proteine, carboidrati, grassi) e micronutrienti (vitamine, minerali), pur mantenendosi entro un limitato apporto calorico. Questo pasto deve essere piacevole al palato, equilibrato e capace di saziare, nonostante le porzioni controllate. La personalizzazione gioca un ruolo chiave: la preferenza tra opzioni dolci o salate varia da individuo a individuo.
Opzioni dolci e salate per una colazione dietetica
Per coloro che non rinunciano al gusto dolce al mattino ma sono attenti alla linea, esistono diverse strategie come ridurre le quantità senza rinunciare completamente ai piaceri della tavola; ad esempio, optando per una minor quantità di biscotti o cioccolato. Scegliere alimenti naturalmente dolci ma con basso contenuto zuccherino come lo yogurt greco magro arricchito con frutta fresca è un’altra valida opzione. Per gli amanti del salato che vogliono mantenere la linea, evitare carni grasse e condimenti ricchi in calorie permette di godersi una colazione salata senza sensi di colpa. Alimenti come affettati magri, verdure fresche o cotte al vapore, formaggi a basso contenuto grasso e pane integrale tostato possono comporre un pasto matutino gustoso ed equilibrato.
Esempi pratici di colazioni dietetiche
Diverse sono le combinazioni possibili per iniziare la giornata con energia senza appesantirsi: Yogurt greco con frutta fresca, un classico intramontabile che combina proteine dello yogurt con vitamine e fibre della frutta; Sandwich integrale con frittata, dove le fibre del pane integrale insieme alle proteine delle uova garantiscono sazietà prolungata; Frullati proteici, ad esempio mirtilli frullati con latte (vegetale o animale), perfetti per chi cerca qualcosa di veloce ma nutriente; Pane tostato con ricotta, per chi ama iniziare la giornata in modo leggero ma soddisfacente; aggiungendo marmellata o miele si ottiene una variante più golosa; Frutta secca e spremuta d’arancia, un mix energetico ricco di grassi buoni provenienti dalla frutta secca abbinati alla vitamina C dell’arancia. Scegliere consapevolmente gli ingredienti della propria prima colazione può fare la differenza nel proprio percorso verso il dimagrimento o il mantenimento del peso forma.
Concludiamo l’articolo con una piccola ma essenziale specifica: questo articolo fornisce idee per una colazione sana e diversa dal solito, ottima per chi cerca uno stile di vita healty e ipocalorico. Ma non vorrei che il titolo appaia fuorviante: per dimagrire occorre allenarsi e rimanere in deficit calorico giornaliero, magari un deficit leggero, leggerissimo…ma pur sempre deficit. Quindi per una buona colazione prendete pure spunto, ma se non riuscite a dimagrire la cosa migliore è parlarne con il dietista ed il personal trainer. Buona colazione a tutti
La dieta chetogenica: un approccio innovativo per la perdita di peso e il trattamento clinico
La dieta chetogenica si è affermata come un approccio alimentare di grande interesse, non solo per chi cerca una soluzione efficace per la perdita di peso, ma anche in ambito clinico, dove trova applicazione nel trattamento di condizioni quali l’epilessia nei bambini e l’emicrania resistente ai farmaci. Questo regime alimentare si distingue per la sua capacità di indurre uno stato metabolico noto come chetosi, attraverso il quale il corpo brucia grassi invece che carboidrati per produrre energia. Esistono diverse varianti della dieta chetogenica, che possono variare in termini di apporto di grassi e durata. Tuttavia, un elemento cruciale è la personalizzazione del piano alimentare: senza un adeguato adattamento alle esigenze individuali, si potrebbero incorrere in rischi significativi per la salute, inclusa l’acidosi che può richiedere intervento ospedaliero.
Le fasi della dieta chetogenica: da attacco a stabilizzazione
Il protocollo della dieta chetogenica si articola in tre fasi principali:
1) Fase d’Attacco, questa fase iniziale prevede l’eliminazione totale dei carboidrati dalla dieta – da fonti comuni come pasta e pane fino a frutta selezionata, alcuni tipi di verdura e legumi. L’obiettivo è esaurire le riserve di glicogeno dell’organismo nei primi 2-3 giorni per poi passare alla combustione dei grassi come principale fonte energetica.
2) Fase di Transizione, questa fase è fondamentale perché permette la reintroduzione graduale dei carboidrati senza compromettere i risultati ottenuti nella perdita del grasso corporeo. È essenziale seguire le indicazioni professionali per determinare la quantità adeguata da reintrodurre nella dieta basandosi sulle caratteristiche individuali dell’individuo.
3) Fase Stabilizzazione, considerabile più un approccio a lungo termine che una vera e propria fase, questa tappa consente al paziente di adottare un regime alimentare bilanciato su misura delle proprie necessità nutrizionali ed energetiche quotidiane.
Personalizzazione: Il principio fondamentale per una dieta efficace e sicura
La chiave del successo con la dieta chetogenica risiede nell’accuratezza con cui viene calibrato il piano nutrizionale individuale: senza questo supporto professionale c’è il rischio non solo della mancata perdita peso o del suo rapido recupero post-dieta ma anche conseguenze più gravi sulla salute generale. È importante sottolineare che non esiste una soluzione universale quando si parla di regimi dietetici; ciò che funziona perfettamente per una persona potrebbe non essere altrettanto efficace o addirittura controindicato per un’altra. La personalizzazione basata sulle specifiche necessità fisiche ed energetiche dell’individuo rimane quindi il principio fondamentale su cui costruire qualsiasi piano dietetico efficace e sicuro.
Alimenti ricchi di proteine: una guida essenziale per il benessere
Le proteine sono macronutrienti fondamentali per il corretto funzionamento del nostro organismo. Svolgono un ruolo cruciale nella costruzione dei muscoli, nella riparazione dei tessuti e nel sostegno del sistema immunitario. Ma quali sono gli alimenti più ricchi di proteine? E perché dovremmo integrarli nella nostra dieta? In questo articolo, esploreremo le fonti alimentari più ricche di proteine, facendo riferimento a studi e ricerche provenienti da istituzioni scientifiche e universitarie.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), un adulto medio ha bisogno di circa 0,83 grammi di proteine per chilogrammo di peso corporeo al giorno. Tuttavia, questo fabbisogno può variare in base all’età, al sesso, all’attività fisica e ad altre condizioni di salute.
Fonti animali e i loro benefici
Carne magra
La carne è una delle fonti più note e concentrate di proteine. In particolare, la carne magra come il petto di pollo o il tacchino offre un alto contenuto proteico con una ridotta quantità di grassi saturi. Uno studio pubblicato sul “Journal of Nutrition” evidenzia che l’integrazione della dieta con carni magre può contribuire a migliorare la composizione corporea nelle persone che seguono programmi di perdita peso ed esercizio fisico.
Pesce
Il pesce è un’altra eccellente fonte di proteine ad alta digeribilità. Salmone, tonno e merluzzo non solo forniscono una buona quantità di proteine ma sono anche ricchi in acidi grassi omega-3 benefici per il cuore. Un articolo pubblicato su “Circulation”, la rivista dell’American Heart Association, sottolinea i benefici cardiovascolari derivanti dal consumo regolare di pesce.
Uova
Le uova sono considerate da molti come uno degli alimenti più completi sotto il profilo nutrizionale grazie alla loro ricchezza in vitamine A,D,E,K,B12 oltre alle elevate quantità protettiche presenti soprattutto nell’albume. Uno studio dell’Università degli Studii della Florida ha confermato che l’assunzione regolare d’uova contribuisce significativamente al mantenimento della massa muscolare durante periodi d’inattività fisica o invecchiamento.
Fonte vegetale: legumi
Per chi segue una dieta vegetariana o vegana, i legumi rappresentano una preziosa fonte alternativa di proteine. Lenticchie, ceci e fagioli non solo offrono abbondanti quantità protettiche ma sono anche ricchi in fibre alimentari essenziali per la salute intestinale. La ricerca condotta dall’Università del Kentucky ha dimostrato che l’inclusione dei legumi nella dieta quotidiana può contribuire alla riduzione del rischio delle malattie cardiache grazie al loro profilo nutrizionale complesso.
Integrare diverse fonti protettiche nella propria dieta è essenziale per garantire un apporto bilanciado dei nutrient necessari al benessere generale dell’organismo. È importante consultare sempre professionisti sanitari o nutrizionisti qualificati prima d’introdurre significative modifiche alla propria alimentazione specialmente se si soffre d’allergie alimentari o si hanno specifiche condizioni mediche.
Aumentare la massa muscolare è un obiettivo ambito da molti appassionati di fitness e sportivi. Per raggiungere questo traguardo, è essenziale adottare un approccio olistico che integri strategie di allenamento mirate con una nutrizione adeguata. Questo articolo si propone di esplorare i metodi più efficaci per incrementare la massa muscolare, ponendo l’accento tanto sugli aspetti legati all’allenamento quanto su quelli relativi all’alimentazione.
Allenamento per l’aumento della massa muscolare
L’allenamento rappresenta una componente fondamentale nel processo di ipertrofia muscolare. Tra i principi chiave da seguire, troviamo:
Allenamenti con i pesi: Essenziali per stimolare più gruppi muscolari contemporaneamente, esercizi come squat, stacchi da terra, panca piana e trazioni sono imprescindibili.
Progressione del carico: Aumentando gradualmente il peso sollevato durante gli esercizi si favorisce l’adattamento del corpo, portando a un incremento della forza e del volume dei muscoli.
Riposo tra le serie: Fondamentale per permettere ai muscoli il tempo necessario a riprendersi; in genere si raccomanda un intervallo da 1 a 3 minuti a seconda dell’intensità dell’esercizio.
Frequenza degli allenamenti: È cruciale evitare il sovrallenamento; idealmente ogni gruppo muscolare dovrebbe essere allenato 2-3 volte alla settimana.
Alimentazione per l’aumento della massa muscolare
Un’alimentazione corretta gioca un ruolo altrettanto vitale nell’appoggio alla crescita dei tessuti musculari:
Proteine: Elementi fondamentali dei nostri muscoli; assumerne in quantità adeguata (circa 1,6-2 grammi per kg di peso corporeo al giorno) è cruciale.
Carboidrati: Forniscono energia necessaria agli allenamenti intensivi e supportano la ripresa post-esercizio; preferire fonti sane come cereali integrali, frutta e verdura.
Grassi salutari: Contribuiscono alla produzione ormonale e al recupero; ottime fonti includono oli vegetali (come quello d’oliva), frutta secca e pesce grasso.
Idratazione: Mantenere il corpo idratato è essenziale non solo per le prestazioni atletiche ma anche per facilità i processi metabolici che promuovono la crescita della massa magra.
Suddividere l’apporto calorico giornaliero in più pasti equilibrati durante il giorno (da 3 a 5) può essere utile così da fornire costantemente al corpo i nutrienti necessari alla riparazione ed alla costruzione del tessuto muscolare. Inoltre, integratori come whey protein o creatina possono offrire supporto aggiuntivo nell’ambito di una dieta bilanciata ed un programma d’allenamento ben strutturato. Se poi vuoi un consiglio su cosa mangiare prima dell’allenamento puoi consultare questo nostro articolo:
È importante ricordarsi che ogni individuo presenta caratteristiche fisiologiche diverse: ciò significa che potrebbero essere necessarie personalizzazioni nell’approccio all’allenamento ed alla nutrizione basate sulle proprie specifiche esigenze ed obiettivi. Incrementando strategicamente sia gli sforzi in palestra sia l’attenzione verso ciò che si mangia fuori da essa sarà possibile avvicinarsi progressivamente al traguardo dell’aumento della massa muscularerispettando assolutamente queste istruzioni
I carboidrati rappresentano una delle principali fonti energetiche per il nostro organismo e sono presenti in molti alimenti che consumiamo quotidianamente. Tuttavia, non tutti i carboidrati sono uguali, e comprendere le loro differenze è fondamentale per chi segue diete specifiche, soprattutto per chi si allena con l’obiettivo di ridurre la massa grassa e aumentare quella magra. La comprensione delle varie tipologie di carboidrati e del loro impatto sul nostro corpo è essenziale per ottimizzare la dieta in funzione degli obiettivi fitness.
Tipologie di carboidrati
I carboidrati si classificano principalmente in semplici e complessi. I primi, noti anche come zuccheri semplici, sono costituiti da una o due molecole di zucchero. Questa categoria include il glucosio, il fruttosio (lo zucchero della frutta) e il saccarosio (lo zucchero da tavola). Sono rapidamente assorbiti dall’organismo, provocando un’immediata ma breve energia ed un rapido aumento della glicemia.
Al contrario, i carboidrati complessi sono formati da catene più lunghe di molecole di zucchero e includono gli amidi e le fibre. Queste sostanze richiedono più tempo per essere digerite ed assorbite dall’organismo, fornendo così energia in modo più graduale senza causare picchi significativi nei livelli di zucchero nel sangue.
Il riso nel panorama dei carboidrati
Il riso è uno degli alimenti più consumati al mondo ed è una ricca fonte di carboidrati complessi. In particolare, la varietà integrale del riso contiene anche una buona quantità di fibre, vitamine del gruppo B e minerali come ferro e magnesio. La presenza delle fibre rallenta ulteriormente l’assorbimento dei carboidrati, favorendo un rilascio energetico costante ed evitando bruschi aumenti della glicemia.
Per chi si allena con l’intento di diminuire la massa grassa ed aumentare quella magra,il tipo di carboidrato consumato gioca un ruolo cruciale nella dieta. In questo contesto,il riso può essere considerato sia un alleato che un nemico a seconda della sua varietà.
Il riso bianco, avendo subito processazioni che ne rimuovono la crusca e il germe; ciò lo rende meno ricco dal punto vista nutritivo rispetto al suo corrispettivo integrale. Sebbene fornisca energia rapidamente disponibile – utile immediatamente prima o dopo l’esercizio fisico – può anche contribuire a picchi glicemici indesiderabili se consumato in altri momentaggi della giornata o in grandi quantità.
D’altra parte, il riso integrale con il suo contenuto fibroso favorisce la sazietà per periodi lunghi ed evita sbalzi significativivi nella glicemia; caratteristiche desiderabili per chi mira alla riduzione del grasso corporeo mantenendo al contempo elevata l’energia necessaria agli allenamenti intensivi.
Quindi se vado in palestra cosa devo scegliere?
Siamo sempre allo stesso punto: qual è il tuo obiettivo? Se cerchi la ricomposizione (perdere grasso e mettere muscoli) allora in genere si consiglia il riso integrale, ma conta poco se non inserito in un programma calorico studiato da un nutrizionista sportivo.
Il nostro consiglio va oltre: non ti chiudere la mente. La variabilità è l’essenza di una dieta sana, che il riso sia bianco o integrale cambia poco. Sicuramente se hai sensazioni di appesantimento o vuoi controllare la glicemia e gli sbalzi di fame allora puoi prediligere il riso integrale. Ma se hai questi sbalzi di fame, non sarebbe meglio provare a rivolgersi ad un professionista della nutrizione?
Perdere grasso localizzato è proprio una delle tante richieste che di solito si fanno al proprio dietista.
“Ho il grasso proprio qui sulla pancia che non se ne va, come posso fare per toglierlo?”
Su Internet o sui vari social è sempre più diffuso un mondo di integratori, spacciati come salvavita, che cercano di venderti questo prodotto come la soluzione miracolosa che può andare a snellire quella parte del corpo che detesti.
Gli studi scientifici, però, parlano chiaro! Il dimagrimento localizzato non esiste!!
Ma niente paura! Abbiamo detto che non esiste, ma non che il grasso localizzato è impossibile da togliere! Però vediamo più nel dettaglio come poter fare per andare a ritoccare quelle parti del corpo che non ci piacciono.
Tendenzialmente i punti critici sono “fissi“ sia per le donne che per gli uomini: le donne lottano perennemente contro i fianchi, mentre i maschi hanno a che fare con la fascia addominale. La scienza ancora non mette a disposizione delle formule e dei piani che stabiliscano come sciogliere solo il grasso in quelle parti del corpo che diventano per noi odiose. Però, allo stesso tempo, abbiamo a disposizione il potentissimo mezzo dell’alimentazione che ci permette di togliere il grasso in eccesso totale e, di conseguenza, andare ad intaccare anche quella parte che vogliamo eliminare!
Ovviamente l’impostazione del piano deve essere stilata ad hoc e calcolata da persona a persona in modo tale da mantenere intatta la massa muscolare andando a togliere solo ed esclusivamente la massa grassa. In questo modo prenderemo le riserve di grasso come fonte di energia e, quindi, possiamo effettivamente togliere il grasso in eccesso e, di conseguenza, anche quello localizzato nelle varie parti del corpo.
Quindi da un dimagrimento totale arriviamo ad un dimagrimento localizzato che ci permette di ottenere i risultati tanto desiderati.
Anche l’allenamento è fondamentale per rassodare quella parte del corpo che “scopriamo“ per poter vedere un muscolo tonico.
Attenzione! Non stiamo dicendo che per dimagrire nella fascia addominale, dobbiamo fare gli addominali! Ma l’addome, essendo un muscolo, va allenato come tale in modo da renderlo tonico e ipertrofico perché, quando togliamo lo strato di adipe localizzato sopra la pancia, scopriamo la fascia muscolare che, se non ben allenata, risulterebbe poco visibile.
Abbiamo preso come esempio gli addominali, ma lo stesso discorso vale per le altre parti del corpo. Per quanto un’alimentazione ben calibrata possa far mantenere la quantità di muscolo, associare un allenamento personalizzato ha l’effetto di far “uscire“ il muscolo e renderlo più tonico.
Per concludere, quindi, non abbiamo delle diete o dei meccanismi che ci fanno dimagrire solo ed esclusivamente in una parte del corpo, ma impostare un dimagrimento con un’alimentazione e un allenamento mirati possono togliere il grasso in eccesso in tutto l’organismo, soprattutto nella parte più… “abbondante”.
Cerchi di seguire dieta e allenamento per dimagrire, tonificare, cambiare… eppure tendi sempre a fare uno “sgarro” nei tuoi programmi. In questo articolo ti spiegherò come la Teoria delle finestre rotte può aiutarti a gestire il problema.
Esiste una New York “prima” del sindaco Rudolph Giuliani, ed una New York “dopo“.
La New York “prima” era quella che vediamo nei film dei primi anni ’80, sporca e degradata. Per non parlare della metropolitana, impossibile da prendere di sera.
La New York “dopo” , malgrado resti una metropoli con tutti i suoi problemi, è molto più pulita e decorosa.
Cosa ha fatto il sindaco italo-americano Rudolph Giuliani?
Ha solo applicato la teoria delle finestre rotte. Una teoria introdotta per la prima volta in una rivista di scienze sociali nel 1982 ad opera di Wilson & Kelling.
L’immagine che si usa per spiegarla è visiva e sempliciotta, ma funziona: se tu sei un vandalo e passi davanti ad un edificio con i vetri delle finestre in perfetto stato, ti sarà più difficile prendere una pietra e spaccarne uno. Se invece passi davanti ad un edificio con i vetri già spaccati, ti sentirai molto più autorizzato a proseguire la tua opera d’arte con gli altri vetri.
Ma io non sono un vandalo!
Giustamente. Ma la teoria è applicabile ad ogni comportamento sociale. Vi è mai capitato di vedere un vostro amico gettare a terra un mozzicone di sigaretta con estrema facilità laddove ce ne sono altri centinaia e le strade sono già una discarica? Avete notato che invece la stessa persona quando si trova in una città nord-europea (famose per la loro pulizia) va a cercare un portacenere dove poter gettare il suo rifiuto?
Dove è pulito viene spontaneo mantenere pulito, laddove è sporco si continua a mantenere lo sporco, secondo il procedimento inconscio per il quale il nostro contributo non porterà chissà poi quale danno.
Lasciamo stare alla memoria il buon Rudolph, il quale poi dopo la pulizia applicò Tolleranza Zero sbattendo in galera chiunque osasse degradare la città (con tutta la mia simpatia peraltro). Come si collega questa teoria al nostro cambiamento corporeo?
Il concetto chiave da tenere a mente è:
“Lo sgarro porta sgarro!”
Ovvero, se all’interno della tua dieta, che stai seguendo con rigore da giorni, ti concedi di fare una colazione con i bomboloni alla crema da Superciccio (nota cornetteria romana) illudendoti che poi manterrai il pranzo in perfetto rigore, noterai come a pranzo sarai portato nuovamente a concederti un piccolo sfizio. “Tanto ormai. Oggi è andata, da domani riprendo seriamente“.
Non è un caso che i nutrizionisti programmino il “cheat meal” (cioè il pasto libero) all’interno della loro alimentazione controllando l’incontrollabile. Quando devi sgarrare lo devi fare all’interno di un programma già stabilito a tavolino con il nutrizionista. Lo sgarro alimentare dalla dieta è importante sia psicologicamente che fisicamente.
Fisicamente: non puoi mantenere una alimentazione iper- controllata tutti i santi giorni per più di un mese, il corpo ha dei meccanismi sciogli grassi che devono aver modo di esser messi alla prova. Per capirci, devi allenare anche il fegato: se regolato in modo corretto una spremuta di fritti gliela devi concedere ogni tanto, altrimenti si impigrisce. (questa è una regola generale, ma per correttezza specifico che per alcune persone questo non funziona. Per ogni approfondimento potete chiedere una consulenza al nostro nutrizionista di Focus Training)
Psicologicamente: mangiare non è solo nutrirsi, è un atto di lussuria, un piacere che deve restare concesso all’essere umano. Basta con questa visione della dieta come qualcosa di difficilissimo. Dieta vuol dire “stile di vita“. Quando si deve ottenere un dimagrimento importante o smuovere il metabolismo ci possono essere delle fasi più rigide, ma che poi conducono alla ricerca di un comportamento alimentare corretto e totalmente assimilato dall’atleta. Deve diventare un’abitudine.
Inoltre per “sgarro” si può anche intendere una mancanza nel tuo allenamento. Se procedi con regolarità secondo programma allenandoti 3 giorni fissi a settimana, cosa succede quando salti un allenamento? Non ti senti in colpa? E quel senso di colpa a cosa ti porta? A voler recuperare oppure a concederti una pausa al “gusto gelato” per una sera? Sempre perché “dai oggi è andata così, da domani si ricomincia“.
Chi mi conosce sa bene che sono contrario al vivere la vita sportiva intesa come privazione e sacrificio. Come lacrime e sangue. Ma tutto dipende dall’obiettivo. Quando parlo del fatto che la via del benessere deve essere percorsa senza fatica mi riferisco alle persone comuni che vogliono vedersi più belle e sentirsi in forma. Certo, se ti sei dato l’obiettivo di perdere un TOT peso entro un certo tempo allora qualche sacrificio lo devi fare. Se poi vuoi partecipare ad una competizione sportiva allora è tutto un altro paio di maniche, devi impegnarti sodo e sputare sangue, ma teoricamente se quello è il tuo obiettivo hai già una mentalità predisposta a non sgarrare.
La teoria delle finestre rotte. Ora che la conosci la puoi gestire. Evita quello sgarro inutile, evitalo con tutte le forze, il più delle volte è dipendente solo dall’abitudine o dai sensi, come quando entri la mattina al bar per un caffè e senti l’odore dei cornetti appena sfornati. Attendi il tuo “Cheat Meal”. Se i cornetti oggi non sono nella tua alimentazione, lo saranno domani.
Non hai resistito ed hai sgarrato?
Fermati, ripensa a quanto ti ho detto e prova ad arginare tutte le voglie compulsive che ti prenderanno nelle ore successive. Ristabilisci l’ordine.
Argina quel momento, pensa alla teoria delle finestre rotte e non farti fregare: anzichè continuare nell’errore fatto a pranzo, provvedi ad una cena più morigerata. Se controlli questo impulso tramite la razionalità ce la puoi fare. Come ci spiegano i sociologi di cui sopra, l’impulso a continuare a sgarrare è automatico e insito nell’essere umano percui, sapendo che è un processo che si attua incosciamente, non devi far altro che “disattivare il pilota automatico” e riprendere il controllo dei tuoi impulsi.
E se proprio non ci riesci allora vuol dire che c’è qualcosa che non va nella tua alimentazione e devi riferirlo al tuo nutrizionista, lui ti può aiutare. A volte basta riformulare la dieta sulla base delle tue esigenze.
Funziona sempre così: chi chiede aiuto alla fine ottiene risultati. Chi si tiene tutto dentro per orgoglio o vergogna non arriva da nessuna parte.
E la prossima volta che ti vedo buttare a terra quel mozzicone di sigaretta ti taglio le dita.
Buono sgarro.
dott. Flavio Bulgarelli
Psicologo
Personal Trainer
Titolare di Focus Training Studio
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“Ma tutto quel che serve in una pillola non c’è…”.
No, questa volta non è un filosofo del ‘600 a
scrivere così, ma Cesare Cremonini.
Le sue parole mi sembrano perfette per chiarire il punto focale della questione: non c’è integrazione che possa compensare gli effetti di una cattiva alimentazione.
Le tegole del tetto non servono, se
non si ha una casa.
Ma questo non significa che non c’è nulla che possiamo aggiungere alle nostre abitudini, per potenziare le difese immunitarie.
Un’alimentazione varia, con cibi freschi, biologici, del territorio, può fornire in teoria tutti i nutrienti.
Ma la teoria ha il brutto vizio di non corrispondere sempre alla pratica quotidiana e quindi, se si vogliono potenziare le proprie difese, si può pensare all’utilizzo di un buon integratore di vitamine e minerali, anche ricordando il fatto che a volte le infezioni, oltre ad essere l’effetto di una malnutrizione, ne sono anche causa, dal momento che possono sopprimere l’appetito fisiologico, diminuire l’assorbimento dei nutrienti e facilitarne la perdita.
In questo caso possiamo vedere
l’assunzione di un integratore nutrizionale come una polizza di assicurazione
contro un’eventuale carenza in micronutrienti: se non si ricorre a mega dosaggi
non c’è rischio apprezzabile, ma se qualcosa nell’alimentazione quotidiana non
è ottimale, allora possiamo contare su
uno scudo che ci aiuti a difenderci.
Per chi si allena intensamente, il
rischio è sicuramente maggiore. È infatti dimostrato che gli atleti e gli
sportivi in genere contraggono infezioni con frequenza spesso superiore
rispetto agli individui sedentari o che si allenano blandamente.
Dopo una sessione prolungata e molto intensa infatti può verificarsi una momentanea depressione dell’attività del sistema immunitario, che lascerebbe aperta una finestra di opportunità per molti agenti infettivi e aumenterebbe di conseguenza il rischio di contrarre un’infezione.
Questi effetti sono mediati dall’azione del cortisolo e di alcune citochine ad azione infiammatoria.
Voglio ricordare qui alcuni nutrienti
che possono essere impiegati per aiutare il nostro sistema immunitario.
(1) Carboidrati: la loro integrazione nella dieta porta a minori livelli di cortisolo in circolo, specialmente se si mantiene un livello ottimale di idratazione corporea.
(2) Acidi grassipolinsaturi: regolano in maniera diretta la funzione infiammatoria.
(3) Vitamina C e vitamina E: è nota la loro azione antiossidante e, soprattutto per la vitamina C, l’azione di controllo sui picchi di cortisolo. Ricordiamo che il cortisolo, oltre i livelli fisiologici, sopprime l’attività del sistema immunitario, aprendo la strada a possibili infezioni.
Prima di chiudere questo articolo, non posso non parlare dei Funghi Medicinali, la nuova frontiera dell’integrazione nutraceutica, che in realtà affonda le radici nel passato remoto (forse addirittura il ventottesimo secolo A.C.) della Medicina Tradizionale Cinese e Tibetana.
Questi funghi svolgono un’azione di modificazione della risposta biologica (BRM) grazie alla presenza di una classe di molecole chiamate Beta – Glucani, in grado di potenziare la risposta immunitaria, legandosi ai linfociti e attivandone, o meglio, mediandone le funzioni di difesa attraverso molteplici meccanismi biologici. Più alte sono la concentrazione e la variabilità di queste molecole segnale, maggiori sono lo spettro e l’efficacia di modulazione immunitaria.
I funghi medicinali maggiormente
riconosciuti per la loro efficacia di rinforzo delle difese sono:
(1) Shitake
(2) Reishi
(3) Ganoderma
(4) Maitake
(5) Cordiceps;
Quest’ultimo è chiamato anche Fungo dell’Immortalità per le sue innumerevoli proprietà riconosciute da secoli ed oggi confermate da molti studi scientifici .
(ricordiamo, fra le altre, la capacità di modulare la produzione di cortisolo, di innalzare i livelli di DHEA e di testosterone, quella di aumentare i livelli di ATP fino al 30 % e il flusso ematico nei vasi sanguigni, con aumento della resistenza fisica fino al 70 % osservato in alcuni studi).
Ma, si badi bene, con i funghi
medicinali non siamo nel campo del fai da te, e per poterli utilizzare al
meglio, è opportuno chiedere il consiglio di un medico competente o di un
nutrizionista.
La saggezza antica, frutto di
secoli di sperimentazione e di processi di vera e propria selezione culturale,
oggi viene in nostro aiuto. I funghi medicinali stanno vivendo un momento di
notorietà e sono oggetto di ricerca incessante.
Questo mi porta ad un’altra
citazione. Penso ad Antoni Gaudì, che un giorno disse che: “l’originalità è
tornare alle origini”.
“Io lascio fare alla Natura e presuppongo che si sia armata di denti e artigli per difendersi dagli assalti che le capitano”.
Michel De Montaigne
Le parole del filosofo vissuto nel 1600, sono come una luce che ha illuminato la strada agli scienziati della nutrizione, che oggi, 4 secoli dopo, non possono che confermarle.
Dagli anni ’70 ad oggi sono
comparse più di 30 nuove malattie infettive; altre, considerate come sconfitte,
sono ritornate con forza, e sono migrate verso i paesi sviluppati, favorite da
fattori umani più presentii che mai, fattori che hanno la tendenza a
svilupparsi su scala mondiale.
Bisogna considerare necessariamente un’alternativa che possa affiancare i trattamenti anti–infettivi classici, perché oggi sappiamo che molte delle malattie emergenti sono dovute alla virulenza dall’agente infettivo, ma anche alla ricettività del terreno.
Come dire che un assedio ha molte
più possibilità di andare a buon fine se le difese della città sono al limite e
i suoi abitanti stremati.
Batteri e virus hanno la capacità di evolvere continuamente per mutazione genetica, e l’organismo deve sapersi adattare, attuando le risposte molecolari e cellulari del sistema immunitario.
Cosa sappiamo sulle relazioni fra la nostra alimentazione e le nostre funzioni immunitarie ? E l’integrazione nutrizionale può rafforzare le nostre difese ?
Iniziamo confermando che sicuramente le condizioni nutrizionali influenzano lo stato di competenza immunitaria, e che la sotto-nutrizione è una fonte di alterazione delle nostre difese. E, si badi bene, la malnutrizione non è solo un problema altrui, ma riguarda la carenza di molti nutrienti fondamentali che caratterizza anche i cittadini sovralimentati del ricco occidente. Calorie non vuol dire nutrienti.
È stato dimostrato che la carenza di selenio può rendere patogeni virus che si comportano come innocui ospiti in organismi ben nutriti. Questo perché una inefficace barriera antiossidante favorisce la mutazione dei virus verso forme più aggressive.
Darwin all’opera, ma in un modo che
non ci conviene affatto.
La ricerca scientifica ha individuato relazioni fra alcuni macro e micronutrienti e molte malattie infettive. Non senza fatica, dal momento che non è sempre stato facile capire i reali rapporti di causa ed effetto.
La malnutrizione favorisce le infezioni ?
O sono forse le infezioni a
favorire uno stato di alterata nutrizione? O magari si tratta di un serpente
che si morde la coda, in una serie di fenomeni in cui riconoscere coda e testa
non è affatto semplice.
Qui si parla di quello che sappiamo.
La filosofia non è invitata.
D’altra parte si sa con certezza che la nutrizione corretta può fare la differenza in positivo prima, durante e dopo l’influenza, migliorando l’impatto, il decorso e i postumi delle sindromi infettive.
La chiave è evitare le carenze nutrizionali. Infatti un’adeguata nutrizione, soprattutto un apporto di proteine, minerali, vitamine e, in genere, energia, permette al sistema immunitario di esprimere il suo massimo potenziale. Ricordiamo che lo stato nutrizionale non migliora – così come non peggiora – in pochi giorni, ma è opportuno avere una base sana e costante di buona alimentazione, dal momento che sono le carenze croniche ad indebolire le funzioni corporee in genere.
I nutrienti probabilmente più importanti da fornire al nostro corpo sono le proteine, la cui carenza si riflette direttamente sul sistema immunitario, in maniera ancora più forte se anche l’apporto energetico in genere risulta insufficiente, come si verifica spesso nelle dieta a basso apporto di carboidrati (scarico di carboidrati, molte dieta di definizione, diete chetogeniche).
Le carenze nutrizionali possono indebolire le nostre riposte immunitarie specifiche (produzione di anticorpi) e aspecifiche (la capacità dei globuli bianchi di fagocitare agenti esterni), fino alla riduzione del tessuto linfoide.
Anche i micronutrienti – vitamine e
minerali – giocano un ruolo chiave.
La malnutrizione proteico –
energetica è infatti correlata con la carenza di micronutrienti.
Citiamo qui il ferro, lo zinco e il rame fra gli oligoelementi, mentre fra i minerali maggiori i più importanti sono sodio, potassio, magnesio e calcio.
Fra le vitamine meritano una
menzione la vitamina C, le vitamine B6, B1 e B12, la vitamina A e la vitamina
E.
Sempre ricordando che i
micronutrienti non sono strumenti solisti, ma fanno parte di un’orchestra, e
che nessuno di loro può permettersi di stonare.
In generale la carenza di anche un solo micronutriente può indebolire il nostro sistema energetico e immunitario. Questo apre un’altra questione fondamentale, che affronteremo in questo articolo nel quale spiego il resto:
Gli aminoacidi
ramificati (BCAA nell’acronimo inglese), ovvero leucina, valina e isoleucina,
sono tra gli integratori più utilizzati nello sport, ormai da decenni.
Il loro uso va
dagli sport di endurance, in cui avrebbero una funzione di prevenzione del
catabolismo muscolare ed anche una funzione energetica, agli sport di potenza e
forza muscolare, per via della loro indubbia funzione di miglioramento del
recupero a livello soprattutto muscolare. Nelle attività di ultra endurance,
sono utilizzati anche per il loro effetto di riduzione della fatica centrale,
ossia del fenomeno a carico del nostro sistema nervoso, responsabile del
segnale di stanchezza generale che spesso determina il segnale di stop
definitivo alla prestazione atletica.
Ma si sa, non
esiste un re che possa regnare a lungo senza che qualcuno provi a
detronizzarlo, e ultimamente alcune voci si sono levate per mettere in dubbio
l’utilità dei BCAA e forse anche la loro sicurezza.
Gli aminoacidi
ramificati sono inutili, dunque ?
Il loro utilizzo
è addirittura pericoloso ?
Decenni di
ricerca scientifica sono stati davvero mal indirizzati ?
Nella ricerca
scientifica il dubbio è il primo motore e noi cercheremo di fare chiarezza.
Gli aminoacidi
ramificati fanno parte dei cosiddetti aminoacidi essenziali, chiamati in questo
modo perché il corpo non può produrli a partire da altri substrati biochimici,
ma deve riceverli attraverso l’alimentazione. Da soli, costituiscono circa un
terzo delle proteine muscolari e questo gli conferisce già un primo ruolo
importante nei meccanismi di turnover proteico, in quei processi cioè in cui le
proteine corporee vengono continuamente disassemblate e ricostruite per
rimuovere strutture eventualmente danneggiate. Se l’apporto di aminoacidi
essenziali non è costante e quantitativamente soddisfacente, la proteina non
può semplicemente essere assemblata e sostituita, o può farlo solo a spese di
altre strutture proteiche del corpo. Ma questo fenomeno si chiama catabolismo e
spesso non è l’ottimale per lo sportivo che vuole recuperare.
Attività fisica
intensa e/o sostenuta o protocolli di digiuno intermittente (sempre più
adottati anche da atleti di alto livello) possono esaltare questo fenomeno
catabolico, rendendo l’integrazione di BCAA ancora più importante.
Inoltre sappiamo
che gli aminoacidi ramificati stimolano l’attività del recettore dell’insulina
solo nelle cellule muscolari e non a livello di cellule adipose o epatiche.
Questo determina
un traffico deviato di nutrienti verso la cellula muscolare, per attivazione
differenziale dell’azione dell’insulina, che veicolerebbe aminoacidi stessi, ma
anche zuccheri, nella cellula muscolare, con un aumento del recupero muscolare
dovuto contemporaneamente ad un’azione anabolica e di ripristino dei livelli di
glicogeno (carburante muscolare). Mettiamo poi che quest’ultimo processo
avviene con una velocità e un’efficienza quasi doppia nelle due ore che seguono
la fine di una sessione di allenamento, quindi l’integrazione di BCAA in questa
finestra temporale potrebbe essere un’opportunità di recupero unica e
insostituibile.
È il concetto di
TIMING dei nutrienti.
Non conta solo
COSA assumiamo con la nostra alimentazione, o QUANTO ne assumiamo, ma anche
QUANDO lo assumiamo. Il giusto TIMING rende l’assunzione di nutrienti (dal cibo
o dagli integratori) più efficace e anche più sicura.
Ma
questo sarà argomento di una prossima discussione.
Dott. Andrea D’Alonzo – Biologo Nutrizionista.
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