Allenarsi dopo una contrattura

Le contratture, spesso scambiate con strappi e stiramenti (molto più dolorosi e probloematici) sono molto comuni soprattutto negli sportivi “della domenica” ma non solo.
Amatori ma talvolta anche agonisti troppo precipitosi possono incappare in questo problema.

Cos’è una contrattura?
Non è altro che uno spasmo prodotto da muscolo a causa di un attività che lo mette in allarme, ad esempio un allungamento eccessivo o un movimento brusco in accelerazione, e che blocca il muscolo in una posizione accorciata di protezione.
Questo irrigidimento e accorciamento di protezione improvviso rimarrà per diverso tempo bloccando inoltre il circolo del sangue in quel punto e  comporterà quel tipico fastidio che avvertiamo.

Come posso allenarmi in seguito ad una contrattura?
Generalmente il tempo di latenza per risolvere una contrattura varia dai 3 ai 7 giorni, nel frattempo per migliorare la velocità di guarigione, più che allenarci, possiamo utilizzare delle piccole strategie:

-Calore:
Applicare del calore sul muscolo contratto, il calore infatti aiuterà il tessuto a distendersi e a tornare alla sua tensione normale.

-Massaggio:
 il massaggio localizzato favorisce l’afflusso di sangue sulla zona attualmente ischemizzata, ammorbidendo anche il tessuto fasciale che lo circonda, inoltre fornisce uno stimolo di rilascio anche sui recettori del muscolo stesso.

-Allenamento Aerobico:
effettuare una corsetta o un leggero allenamento senza sovraccarico sulla zona contratta può aiutare poiché non solo aumenta la circolazione periferica ossigenando la zona e rimuovendo cataboliti, ma il corpo scaldandosi beneficierà degli effetti descritti in precedenza del calore

-Stretching leggero:
con le dovute accortezze, lavorando sulla zona in maniera progressiva possiamo favorire il ritorno delle fibre muscolari alla lunghezza normale(consigliato come ultimo step!)

E DOPO?
La parola d’ordine è e sarà sempre GRADUALITA’
Dedicate qualche minuto ad inizio allenamento al preparare i tessuti al lavoro.
Massaggiatevi, fate mobilità articolare e stretching dinamico ed arrivate gradualmente alla giusta intensità di allenamento!

 

Dott. Matteo Di Cuffa – Posturologo

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Un attrezzo magico: sotto i tuoi occhi da sempre e non te ne sei accorto.

No, non siamo di quelli che ti tengono ore sulle spine in pieno stile “marketing spicciolo”.

Te lo diciamo subito di cosa stiamo parlando: del BOSU, e il 90% dei trainer italiani non sa di preciso come si usa.

Se credi che il Bosu sia quella mezza sfera blu inventata da David Weck intorno al 2000, hai ragione a metà.

Forse non sai che ce n’è una nuova versione molto più interessante, frutto di più di 10 anni di studi che si chiama Bosu Elite e fa parte insieme ad altre attrezzature del moderno “Weck Method”.

Le sue caratteristiche lo rendono uno strumento indispensabile e rivoluzionario per chi, come noi, lavora nel campo del movimento umano.

Sfruttando il “Limit Force Elastic Training” tramite il concetto di fattore esponenziale di accelerazione (tipico di alcuni materiali elastici) accende il sistema nervoso ed il suo effetto è pressoché istantaneo.

Questo si traduce in un miglioramento del movimento e della biomeccanica che resta impresso nel sistema nervoso in maniera duratura.

Tra i suoi mille esercizi oggi parliamo del “Compression Squat”.

Posizionandoci sul Bosu Elite con i piedi a 45 gradi (formando quindi un angolo di 90 gradi), i talloni che si sfiorano ed effettuando una spinta dell’avampiede nella zona detta dei “Green Dots” si avranno questi benefici:

–         Ripristino dell’appoggio corretto con relativo miglioramento della biomeccanica della locomozione

–         Ripristino del collegamento mio fasciale e relativa trasmissione delle energie dal core agli arti inferiori e viceversa

–         Attivazione profonda istantanea catena posteriore e adduttori

 

Per questi e mille altri motivi questo tipo di esercizi sul Bosu Elite vengono anche chiamati “Primer”, per la loro capacità di attivarci ed ottimizzarci velocemente rendendoci così pronti per affrontare un allenamento intenso tramite una maggiore attivazione profonda muscolare e mio fasciale.

Questo è solo uno dei tanti esercizi che il Bosu Elite ci permette, unico nel suo genere, di effettuare, ed è talmente efficace che sta entrando prepotentemente nei protocolli di riabilitazione di trainer, coach e fisioterapisti.

 

Se hai voglia di saperne di più non esitare a contattarci o passa a trovarci, siamo felici di condividere conoscenze e studi con tutti. sia colleghi personal trainer che amatori.

Michele Falanga 

Personal & small group trainer

Responsabile Weckmethod™ Italia

Esercizi da fare al lavoro

Durante le giornate lavorative capita a tutti nella propria vita di aver avvertito l’esigenza di staccarsi da tutto, abbandonare immediatamente la propria posizione e concedersi un attimo di tregua per dare sollievo al proprio corpo “ingabbiato” in una postura spesso scomoda o comunque scorretta.

Fare ginnastica e stretching sul posto di lavoro sarebbe un’attività talmente utile nella prevenzione e la risoluzione di molti dolori comuni, che andrebbe inserita come prassi nel contratto di lavoro, ma purtroppo non è così, e molto spesso ci abbandoniamo alla pigrizia “spaparanzandoci” sulle nostre sedie davanti al pc, o rimanendo chinati per molto tempo, intenti nel completare il frenetico lavoro, ci dimentichiamo di curare il nostro corpo.

Che esercizi fare in ufficio?

Domanda tanto interessante quanto variabile che non può non partire da un’analisi del tipo di attività lavorativa che si esegue, analizziamo caso per caso:

Lavoro sedentario

La postura in continua flessione comporta sicuramente molti danni, soprattutto alle strutture passive della colonna (dischi intervertebrali, tessuto connettivo e legamenti) fra cui:

  • Rischio Maggiore di Erniazione
  • Accorciamento della muscolatura Ischiocrurale
  • Accorciamento dei flessori dell’anca
  • Atteggiamento di retroversione del bacino (accorciamento della catena posteriore in toto)
  • Intrarotazione delle spalle
  • Anteposizione del capo e accorciamento muscolatura cervicale posteriore

Cosa fare?

L’obbiettivo sarà dunque il ripristino della fisiologica curva lombare e della lunghezza della catena posteriore attraverso mobilizzazioni ed allungamento.

Esercizi consigliati

  • Cat Stretch
  • Hip Flexor stretch
  • Mobilizzazioni del bacino in piedi
  • Mobilizzazioni cervicali
  • Mobilizzazioni tronco
  • Punte sui Glutei
  • Good Morning
  • Stretching Ischiocrurali
  • Retropulsione del mento al muro
  • Extrarotazioni delle braccia
  • Candeliere al muro
  • Bird dog
  • T spine rotation

Lavoro in piedi o pesante

La lordosi è il nostro strumento di lotta contro la gravità, nei lavoratori pesanti potremmo spesso trovare un accentuazione di tali curve.
I lavori fisici espongono maggiormente a rischi per la struttura ossea della colonna a causa delle forze compressive e di taglio alle quali siamo sottoposti:

  • Osteoartrite
  • Stenosi del canale vertebrale posteriore
  • Intrappolamento nervi
  • Infiammazioni muscolari lombari
  • Molti dei danni sono spesso dovuti alle rotazioni con sovraccarichi eseguite in modo sbagliato.

Esercizi consigliati

  • Allungamento Quadrato dei lombi
  • Allungamento flessori dell’anca
  • Allungamento piriforme
  • Retroversione e allungamento
  • Cat stretch
  • Extrarotazione spalle
  • Controllo e attivazione core: Bird dog\Plank\Bear Walk\
  • Push e Pulling di carichi con corretto assettoi
  • Rotazioni rispettando la fisiologia articolare (chop)
  • Esecuzione corretta di Squat\Stacco per il sollevamento carichi
  • Esercizi di Allungamento globale decompensato

Come e quando fare esercizio in ufficio

Evitare massima flessione ed estensione

Importante sapere che tutti quegli esercizi che esasperano un movimento portandolo al proprio massimo, sia esso in Flessione che Estensione sono la cosa più nociva per la colonna, ed è proprio quando si entra in quei range di movimento che ci si infortuna.

Alzarsi e incominciare gradualmente

A causa di quella che viene chiamata “memoria spinale” , ovvero la tendenza del tessuto connettivo che riveste la colonna a rimanere in una determinata configurazione a lungo mantenuta, che può durare anche 30 minuti, è fortemente sconsigliato passare immediatamente da una postura flessa ad una estesa (motivo per cui gli atleti che riposano in panchina e poi rientrano subito in campo rischiano molto!) ma moderare il passaggio e intervallare spesso le due posizioni.

Attenzione al mattino

Non mi stancherò mai di ripeterlo, a differenza di quanto viene proposto da molti tecnici poco provveduti, è bene sapere che al mattino i dischi all’interno della nostra colonna, essendo più idratata, esercitano una pressione idraulica maggiore del 300%,  che aumenta lo stress legamentoso dell’80%!
Meccanismo che, se sottovalutato, espone a un ischio di erniazione maggiore appunto di ben 3 volte.

Ricapitolando

  • Eseguite piccoli circuiti di esercizi ad intervalli di tempo prestabiliti tra loro
  • Eseguite posture e movimenti che combattono le vostre posture viziate
  • Prestate la massima attenzione e gradualità nel cominciare la ginnastica
  • Evitate di eseguire esercizi estremi la mattina
  • Evitate di eseguire esercizi in iperflessione o iperestensione
  • Imparate a gestire i carichi ed il vostro corpo attraverso un allenamento costante della muscolatura addominale profonda
  • Per quando la pressione intraddominale (IAP) sia annoverata come fattore di prevenzione, dovreste riuscire ad allenare la vostra schiena a prescindere dall’atto di respirazione.

 

Matteo di Cuffa – Posturologo

Esercizi per gli addominali bassi? Non esistono!

Quando si parla di addominali, avrete sicuramente sentito nominare gli addominali bassi che, in realtà…non esistono!

Quante volte, parlando di addominali, avete sentito nominare gli addominali bassi?
Ci dispiace deludervi ma gli addominali bassi non esistono.
La distinzione tra fascia addominale alta e fascia addominale bassa è un’invenzione di istruttori non pienamente competenti o che, forse, non hanno aggiunto uno studio accurato dell’anatomia alla propria preparazione atletica.

Da dove nasce la convinzione che esistano gli addominali bassi?

La distinzione tra addominali alti e addominali bassi è una leggenda metropolitana – totalmente fake – che circola nella maggior parte delle palestre esistenti.
Ma da dove nasce questa convinzione – per altro, molto lontana dall’anatomia reale del nostro corpo?

Una spiegazione plausibile parte dall’assunto base secondo cui ad allenamento corretto e regolare corrisponde una riduzione della massa grassa, in favore di quella magra. La prima zona a risentire visibilmente degli effetti di una corretta attività fisica è la fascia addominale superiore; mentre, di sovente, la parte bassa dimagrisce più difficilmente.
Da qui, la tipica frase dei personal trainer: “Devi allenare di più gli addominali bassi!”.

In realtà, se vogliamo guardare alla questione da un punto di vista strettamente anatomico, il rectus abdominus è un muscolo unico che parte dallo sterno e si inserisce nella zona pubica: è impensabile, quindi, che possa contrarsi solo in parte; o si contrae, o non si contrae.

Conseguentemente, è impossibile che esistano degli esercizi utili ad allenare una sola parte di questo muscolo.

Se non alleno gli addominali bassi, cosa alleno?

Se gli addominali bassi non esistono, allenerete, quindi, l’intero retto addominale.

Dite “NO!” a schede miracolose che prevedono chissà quali esercizi – insensati e spesso dannosi – per una zona del corpo che nemmeno esiste realmente: molti di questi agiscono, in realtà, sull’ileo-psoas, stimolandolo a tal punto da accorciarne la lunghezza – e causando situazioni di iper-lordosi.

Ci sono poi quelli che propongono la combo letale di bicicletta, sforbiciata e sollevamento gambe.
Il primo è chiamato così perché simula il movimento della pedalata e agisce su addominali – tutti, non bassi – e glutei; la seconda, prevede il sollevamento di un arto inferiore per volta, lentamente, fino a formare un angolo da 90 gradi; infine, i sollevamenti si fanno con entrambe le gambe, contemporaneamente. Anche in questo caso, siamo spiacenti: stiamo allenando tutto il retto addominale.

Come togliere la pancetta?

Un modo per perdere massa grassa accumulatasi nella zona addominale è svolgere una buona attività fisica, volta al raggiungimento di obiettivi specifici concordati con un personal trainer serio, preparato e che abbia conoscenze base anche in ambito medico e anatomico.
Alcuni esercizi, poi, sono più utili di altri. Ne citiamo due di esempio:

  • il plank, è molto duro – ma molto efficace – e consiste nell’appoggiarsi sui gomiti, partendo in posizione da flessione, con il corpo bene in asse e gli addominali contratti;
  • il v-up, che prevede la formazione di una vera e propria V, a gambe tese e le braccia dietro le orecchie, in sollevamento.

Senza volerci ripetere, all’attività motoria va affiancata un’alimentazione sana priva di grassi, zuccheri, farine raffinate e alcolici: gli strappi alla regola sono concessi – non siamo eccessivamente severi – ma la quotidianità deve seguire regole salutari – se si vuol perdere massa grassa e gonfiore addominale.